Clint Eastwood, il californiano dagli occhi di ghiaccio

01/05/2005

“Sono un pianista jazz cinquantenne, bianco, eterosessuale: chi rappresenta la mia categoria?” (Nel centro del mirino)

L’eroe è stanco, ma è sempre un eroe. È questo che ci dice di se stesso  Clint Eastwood, classe 1930, nel suo ultimo, convincente film, “Debito di sangue” (Blood Work). Infatti il personaggio di Terry McCaleb indaga, corre, scopre e sconfigge il nemico che ha intrapreso con lui un a raffinata “partita”; ma è anche un ultrasettantenne che ha subìto un trapianto cardiaco. Simile ruolo nel precedente “Space cowboys”: un vecchietto acciaccato, ma indomito nel suo desiderio di completare la missione spaziale interrotta da giovane (e ce la farà). E ancora, , ne “Gli spietati”, Clint è vecchio, stanco, disilluso, disgustato, incattivito, ma è pur sempre l’ “eroe” che farà giustizia.

Eppure per Eastwood questo non è un semplice adattare i propri ruoli al trascorrere degli anni : in fondo, cinico e stanco lo è sempre stato, fin dalla sua apparizione in “Per un pugno di dollari”, in cui era un bounty killer (o samurai, o Arlecchino) servitore di due padroni.

Nato a S. Francisco, compagno, nel corso degli anni, di numerose donne (tra cui le colleghe Sondra Locke e Frances Fisher) e padre di 7 figli, ex-soldato (guerra di Corea), ex-sindaco (di Cramel, California), musicista jazz, Clinton Eastwood jr. è riuscito, come attore, a passare dall’inespressività  alla gran classe, sotto il segno della sottrazione, e a disegnare, nel corso di numerosissimi film, il prototipo del Vero Maschio Irresistibile, non insensibile macho, bensì disincantato, nostalgico, ruvido, rassicurante, solitario, romantico, che troppo ha visto e ora non vuole più subire: colui del quale ti innamori subito – anche se non fosse così straordinariamente bello – e sul quale anche gli altri uomini contano (appena quarantenne già faceva da “padre” a diversi suoi giovani partner d’avventura). E come regista non ha fatto che omaggiare i suoi maestri:  Sergio Leone e, soprattutto, il grande Don Siegel, accentuando il senso di vuoto, di decadenza, di eroismo quasi fine a se stesso. Ha diretto 23 film, in alcuni dei quali non ha recitato o ha avuto ruoli non di protagonista, ed ora non è più considerato un attore passato dietro la macchina da presa, ma un vero Autore, sensibile e personale, triste e cattivo.

Gli sono occorsi  tanti anni per farsi capire e apprezzare, ma oggi è considerato un’icona del western moderno, inarrivabile nei film d’azione poliziesca, capace di sorprenderti con melodrammi come “I ponti di Madison County” o di stupirti con commedie agrodolci come “Honkytonk Man”.

Il segreto è che, in fondo, Clint è  anche nella vita quell’Uomo Vero che appare sullo schermo. Lui è lo straniero senza nome, il cavaliere pallido, il texano dagli occhi di ghiaccio. È il Biondo, Harry Callahan , Thunderbolt, Frankie Morris, William Munny, Red Garnett, Mc Caleb. Non si è adattato, come molti attori, a una maschera, ma (come tutti quei grandi che rievocheremo nelle prossime puntate) ha accettato solo parti nelle quali si potesse riconoscere: duro di scorza, ma di cuore fino. Non a caso, in Debito di sangue, gli viene trapiantato quello di una donna!

Elena Aguzzi