“Vediamo un po' se sai parlare come un vero uomo, prova col barbiere”
“Ciao italiano di merda!”
“No, no! Non bisogna insultare il proprio interlocutore. Devi parlar male di qualcun altro. Ad esempio: cazzo, quello stronzo del meccanico vuole 300 dollari per ripararmi la macchina, ladro fottuto”
“Ok. - Salve, vorrei un taglio di capelli, ma svelto perché quel figlio di puttana del mio datore di lavoro vuole che spacchi il minuto, accidenti non ho più nemmeno il tempo di vedermi con la mia donna, che così mi rompe il cazzo. Per cui sbrigati, italiano di merda”
Vado un po' a memoria e un po' a braccio nel ricostruire il simpatico siparietto dal film “Gran Torino”, in cui Clint Eastwood, con l'aiuto del barbiere italiano, cerca di insegnare a un ragazzino coreano a parlare e comportarsi “da uomo”. Il ragazzo, infatti, poverino, è da tutti guardato come una femminuccia perché parla poco, è sensibile e fa giardinaggio. Un vero uomo invece dice parolacce, sputa, parla solo di automobili e pesca, beve una birra dietro l'altra.
È una delle scene più divertenti di un film che usa di quando in quando l'ironia per stemperare la drammaticità profonda di un'anima che si è fatta dura per sopravvivere agli incubi, una storia che parla dell'attesa della morte, chiusa tra due funerali come una tragedia greca, ma è anche un'educazione sentimentale limpida e toccante.
E non c'è dubbio che Clint Eastwood, non solo in questa scena, non solo in questo film, ci ha saputo dare una splendida lezione, oltre che di cinema, di cosa è un uomo vero.
Un uomo vero parla poco e agisce svelto, è spietato coi “cattivi”, ma protettivo con gli amici, i vecchi e i ragazzi. Può essere un delinquente, ma in fondo essere “giusto”, così come può stare dalla parte della giustizia, ma adottare modi poco ortodossi. La pietà buonista infatti è ignota a un vero uomo, il quale deve porsi uno scopo ed essere in grado di perseguirlo fino alla morte, sua o degli altri. È questa la lezione che si evince dalla prima parte della sua carriera, coi film di Leone e Siegel, di “Thunderbolt and Lightfoot”, delle sue prime regie western (High Plains Drifters, The outlaw Josey Wales)
Con le donne è un cavaliere pronto a difenderle dai soprusi, ma sa anche tenerle al loro posto. A volte ci perde un po' la testa (Play Misty for me), a volte se ne approfitta bassamente (e mal gliene incoglie: The beguiled), ma per lo più ha nei loro confronti un atteggiamento di superiore protettività, quasi paterno (Josey Wales, Million Dollar Baby); spesso Clint è vedovo, e non solo nei film girati in tarda età: perché per un uomo vero la donne è un affetto costante, ma sostanzialmente un ingombro o un mistero. Infine, e ce lo insegna bene “The Bridges of Madison County”, un vero uomo può anche essere un gran romantico, a patto però che la storia non duri. Portare a spasso il cane e andare al supermercato tutte le domeniche, infatti, svirilizza: i personaggi dei mariti (non interpretati da lui, ma solo messi in scena di contorno) sono spesso uomini smidollati, sposati con donne arpie.
Un uomo vero è ironico, cinico, sincero, coriaceo, testardo, e anche quando perde le sue battaglie non è mai sconfitto: lo è anche quando quest'uomo vero non è da lui interpretato (Mistyc River, Letters from Iwo Jima), lo è addirittura quando è... una donna, come in “Changelling” o “Million Dollar Baby”.
In fine, un uomo vero ama il jazz e il blues, non si circonda di orpelli, veste con sobria eleganza, ed è anche bellissimo: alto, biondo, occhi azzurri, volto affilato, sempre atletico e attraente anche a 90 anni. E questo è Clint Eastwood, ed è per tutto questo, e per i film che ci ha regalato, che lo amiamo.
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