Ode all'Amicizia Virile
12/11/2009

Ci sono due miti cinematografici, ai quali qualcuno addirittura crede nella realtà: la solidarietà tra donne e l'amicizia virile. Se la prima è a prova di intemperie (almeno nei film di Cuckor o di Almodovar...), la seconda è oggigiorno messa in discussione non dalla realtà dei fatti (homo homini lupus), ma dalla malizia furbina di chi, di fronte a due maschi che tra una donna e l'amicizia tra loro scelgono la seconda, sono subito pronti a vedere dell'omosessualità latente.
Non è una novità, a pensarci bene. Che il dialogo finale de “La fiamma del peccato”: “Non pensavi che il colpevole fosse nell'ufficio vicino al tuo” “Molto più vicino, Walter” “Anch'io ti voglio bene” (“I love you too”), fosse stato tradotto con “Sei un amico, tu”, indica non la necessità di far quadrare il labiale (“too”- “tu”) ma di non far “pensar male”: e infatti schiere di critici puntualmente dedussero che Fred Mc Murray non fosse innamorato di Barbara Stanwyck ma di Edward G. Robinson!
Ebbene, spesso è vero. Che il regista stesso non se ne renda conto o che sia una manovra per sfuggire alle forbici della censura, molte storie che ufficialmente hanno al loro centro degli amici in realtà nascondono pulsioni di altra natura e relazioni segrete, ma bisogna stare attenti a non fare di ogni erba un fascio. Perché il tema dell'amicizia tra uomini, la vera amicizia virile, a prova di donne, di polizia, di disgrazie, di scelte di vita opposte, è uno dei temi più belli, che ci ha regalato spesso storie toccanti.
Chi non ha pianto di fronte a Marco che va in carcere a trovare Benigno nel meraviglioso “Parla con lei”? O non si è entusiasmato per il complesso rapporto che nasce tra Chow Yun Fat e Danny Lee nello straordinario “The killer”?

Ecco, quello del poliziotto che rimane affascinato (in senso “buono”...) dal criminale che deve arrestare è uno dei sottotemi cruciali nell'ambito del genere “amicizia virile” (vedi “Point Break”, per fare il primo titolo che salta in mente), e qualche volta la situazione è ribaltata, col criminale che si “converte” perché ammira l'uomo di legge (vedi, per esempio, “Quel treno per Yuma”). C'è poi l'amicizia picaresca e goliardica, che ha meno afflato poetico ma non è meno resistente (“Marrakech Express”); c'è quella di tipo fraterno, dove il saggio è destinato a sopportare le trovate autolesionistiche dello sbandato (“Mean Streets”); c'è quella, che sconfina nel concetto di solidarietà, del gruppo in difficoltà (“Quella sporca dozzina”); c'è quella tra capo, o anziano, e “figlioccio” (“Donnie Brasco”) e c'è il sottogenere del “buddy movie”, dove si parte con una coppia male assortita e si finisce con uno che non può fare a meno dell'altro compare, variante virile e spesso comica della commedia romantica (dai poliziotti di “Arma letale” all'accoppiata Jack Lemmon-Walter Matthau). Infine, l'amicizia può essere assunta come elemento di base (ad es. il rapporto solidale tra Sherlock Holmes e Watson o tra Stanlio e Ollio), può nascere dall'infanzia (“Red e Toby”), può svilupparsi a piccoli passi nel corso del film ( “L'uomo del treno”).
Filo conduttore di tutti questi rapporti, il sopravvivere come rocce di fronte alle minacce, sia esterne, che interne al legame stesso. Come vagamente accennato, il tipo di crisi interna più classica è rappresentata da una fanciulla di cui entrambi i nostri eroi si innamorano: ma questa rivalità finisce inevitabilmente col costituire un nodo ancora più forte, vuoi perché la donna viene accantonata, vuoi perché i due scelgono di condividerla, come qualcosa in comune che rafforza la loro amicizia (scelta un pochino ambigua, in effetti, ma non necessariamente indice di omosessualità, almeno se il triangolo resta fuori dalle lenzuola). Parimenti, un altro topos classicissimo è quello delle “due strade”, particolarmente caro al cinema gangster: cresciuti insieme da bambini, l'uno diventa fuorilegge, l'altro poliziotto o prete.

Dietro a tutto ciò, a pensarci bene, c'è un ideale cavalleresco, una nostalgia per un'età dell'oro sentimentale forse mai esistita, o che esisteva quando gli uomini erano veri uomini e non lupi tra i lupi. E siccome il genere cinematografico per eccellenza che ha ereditato la mitologia delle chansons de gestes è il western, l'amicizia virile è uno dei temi portanti dei film ambientati nel Far West. Seguono a ruota il poliziesco (quasi tutti i polar francesi e quelli di Hong Kong hanno due amici come cardine della vicenda) e il bellico. Più raramente capita nel melodramma (ma quando capita, è sfavillante: “Il trapezio della vita”, “Come le foglie al vento”): questo, ovviamente, perché il melò è genere tendenzialmente femminile (qui c'è l'apoteosi delle rivalità e solidarietà tra donne), mentre se di uomini vogliamo parlare, preferiamo rivolgerci a un pubblico di maschi. Tuttavia, non bisogna nemmeno fare l'equazione “film per uomini= film di amicizia tra uomini”: la fantascienza, per esempio, ne è stranamente sprovvista – forse perché si vede l'amicizia come un valore d'antan e si pensa (teme) che nel futuro non ci sarà più spazio per questo sentimento?
Tripudio d'amici, infine, nei cartoni animati, specie in quelli degli ultimi 30 anni: evidentemente, l'amicizia è un valore che ormai occorre insegnare.

Altre caratteristiche. Perché un amico sia un amico vero, occorre che sia un uomo vero: un vigliacco non potrà esserti accanto nel momento del bisogno, occorre che l'amico sia onesto, ruvido, sincero, paterno (uno dei due, o del gruppo, indipendentemente dall'età, avrà sempre la leadership), saggio, passionale, pronto ad accoglierti in seno alla sua famiglia (anzi, uno specchietto tornasole per capire se la storia ha un sottofondo gay oppure no è la figura della moglie o fidanzata: se è un terzo incomodo, gatta ci cova, se è amicale e materna è tutto ok) e addirittura ad affrontare la morte per te. Non è invece necessario – cosa invece assolutamente indispensabile tra donne - che sappia ascoltarti: in genere una botta sulla spalla o l'accensione di una sigaretta sono più che sufficienti per dirti “ho capito”. Infine, può anche portarsi a letto la tua donna, ma attraverserebbe il mondo tra mille difficoltà per venire a cercarti (vedi “Il cacciatore”).

Classifica per nazioni, possiamo notare che a credere maggiormente all'amicizia virile sono gli americani (quelli credono a tutto, anche agli alieni), i cinesi e i francesi (quelli con la media più alta di titoli con dentro la parola “amico”). Per gli inglesi l'amicizia si svolge più o meno tutta in un pub, salvo eccezioni noir (“In Bruges”), mentre in Italia il modello-base è quello de “Il sorpasso” (un fanfarone e un bravo ragazzo a lui soggiogato che finisce con l'affezionarcisi) o de “I vitelloni” (gruppo di amici perdigiorno che non si staccano mai l'uno dall'altro neanche quando si prendono in giro): sarà che da noi si scarseggia di uomini veri, o che siamo più cinici e realistici.

Battute (e relativi film) da segnarsi: “Un buon amico vale tutte le donne di tutti i paesi vicini e lontani” (La bella brigata), “Un amico serve quando hai torto, quando hai ragione non ti serve a niente” (Un mercoledì da leoni), “Sai cosa è un amico? E' un uomo che ti conosce a fondo e nonostante ciò ti vuole bene” (Profumo di donna), “Se non confidi i tuoi segreti agli amici, che amico sei?” (Smoke), “Io mica divento amico del primo che incontro. Io decido di voler bene, scelgo. E quando scelgo, è per sempre “ (Bianca) “Perché ti porti dietro un rudere come me?” “Abbiamo cominciato insieme e insieme finiremo” “Anch'io la penso così, e così concepisco l'amicizia” (Il mucchio selvaggio).
Elena Aguzzi