I "pirati" del Cinema
16/05/2008
Tre
cose accomunano Raoul Walsh, John Ford,
Fritz Lang e Nicholas Ray: l’essere
registi di grande valore, l’avere una benda
nera sull’occhio e il poter essere definiti,
per il loro carattere oltre che per il loro cinema
“maschio”, uomini veri. Il particolare
della benda piratesca è il più insignificante,
ma pure è quello che balza primo all’attenzione,
creando curiosità. Walsh e Ford, in particolare, sembrano
essere gemelli: quasi coetanei (il primo dell’89,
il secondo del ’94), entrambi pionieri del
cinema, carattere burbero e simpatico, predilezione
per il cinema d’azione, fanno persino a
gara per accaparrarsi il merito d’aver scoperto
John Wayne. Hanno girato circa 60 film cominciando
dal muto e attraversando quasi tutti i generi,
ma memorabili sono i loro western (il genere americano
per eccellenza) e quelli bellici. Ford riesce
bene anche nel film storico, Walsh è particolarmente
ispirato coi gangster (è anzi uno dei primi
"codificatori" del genere). I titoli
che amiamo di più: I ruggenti anni venti,
Una pallottola per Roy, Obiettivo Burma, Notte
senza fine, La furia umana, per il vecchio leone,
La pattuglia sperduta, Ombre rosse, Furore, Sfida
infernale, Il massacro di Fort Apache, Sentieri
selvaggi, L'uomo che uccise Liberty Valance, per
il più giovane.
Non da meno, per importanza nella storia del cinema
e carattere ruvido, è Fritz Lang,
nato cinematograficamente in Germania, ma che
realizzò grandi opere personali anche a
Hollywood. Stessa generazione (1890), stesso inizio
nel cinema, ovviamente, muto (a cui regala cpolavori
come Il dottor Mabuse, I Nibelunghi, Metropolis)
tocca l'apice con M-il mostro di Dusseldorf. Trasferitosi
negli Stati Uniti per ovvie ragioni politiche
realizza ancora 25 film, sempre di genere vario,
tra cui spiccano alcuni noir memorabili: Furia,
La donna del ritratto, La strada scarlatta, Dietro
la porta chiusa, Quando la città dorme
e , soprattutto, Il grande caldo: si può
tranquillamente dire che il "noir" americano
sia stato inventato da lui, che ha portato oltreoceano
le atmosfere francesi e il taglio espressionista
e li ha calati in mezzo alle ossessioni e alle
corruzioni del Nuovo Mondo.
Il
"cucciolo" del gruppo è Nick
Ray, nato già nel XX secolo (1911)
e prematuramente scomparso a 68 anni (gli altri
han resistito, rispettivamente, 92, 79 e 86 anni).
Ha diretto solo poco più di 20 film e quasi
tutti di serie B (dal punto di vista produttivo,
ovviamente, non artistico) e ai canonici noir-western-guerra
va aggiunto l'ottima riuscita nell'ambito del
melodramma, col quale ha, anzi, "contaminato"
i generi tradizionalmente maschi ragalando loro
un maggiore pathos psicologico e romantico: per
esempio in La donna del bandito, Il diritto di
uccidere, Neve rossa, Johnny Guitar, All'ombra
del patibolo, La vera storia di Jesse il bandito,
persino Il Re dei Re. Ma il capolavoro è
Gioventù bruciata (titolo originale, assai
più significativo per quelli che sono tutti
gli eroi di Ray, Ribelli senza causa), anche se
il film più sconvolgente risulta essere
l'ultimo, Nick's Movie, in cui, complice Wim Wenders,
filma la propria morte.
Uomini
veri, si diceva, e questi brevi cenni filmografici
dovrebbero aver già messo molte cose in
chiaro. Se vogliamo vedere gli autori non attraverso
la cronaca mondana (tra l'altro, a parte un paio
di risposte al vetriolo date da Ford e Lang agli
intervistatori e una tempestosa relazione tra
Ray e Gloria Grahame c'è ben poco da annoverare)
ma attraverso i loro personaggi possiamo vedere
delle differenze interessanti sia per quel che
riguarda il loro modo di vedere il cinema sia
per quel che riguarda il loro modo di vedere la
virilità.
John Ford è sicuramente il più quadrato,
anzi quasi parallelepipedo. I suoi personaggi
si pongono un obiettivo e lo seguono e chi ha dei dubbi o delle debolezze è
destinato a soccombere (v. "La pattuglia
sperduta", "Il traditore", "La
croce di fuoco"). Figure anche "negative"
(ostinate, violente, tetragone ai sentimenti)
assumono la statura dell'eroe perché così
li vede l'incrollabile Ford: Ethan Ewards/ John
Wayne di "Sentieri selvaggi" o il colonnello
Thursday/Henry Fonda di "Fort Apache"ne
sono un esempio. Essere duri, puri, "giusti",
non piangere, non avere paura, proteggere la propria
donna, educare i giovani, onorare Dio e la patria
e alla fine farsi una bevuta con gli amici, ma
senza trascendere: questi sono gli ideali del
maschio fordiano, del maschio americano (attenzione
però: Ford non è un anglosassone,
è un irlandese cattolico, e la simbologia
religiosa torna spesso e volentieri nei suoi film,
dal già citato Traditore a In nome di Dio).
Con l'età, però, si fa strada il
cinismo, che Ford riversa a piene mani nei suoi
film attraverso l'uso dell'ironia e dell'umorismo
e che tocca il suo apice in "L'uomo che uccise
Liberty Valance" in cui arriva a distruggere
il mito da lui stesso creato, pur continuando
a rimpiangerlo.
Dubbi,
debolezze e problemi psicologici sono invece il
pane quotidiano dei personaggi di Walsh e di Lang,
con una differenza fondamentale, però:
per Walsh sono comunque eroi, per Lang
gli eroi non esistono.
I vari James Cagney, Humphrey Bogart o Errol Flynn,
nei film di Walsh, spesso sbagliano, si dannano
e muoiono, ma in qualche modo sono al di sopra
delle miserie degli uomini comuni: anzi, gli eroi
divertenti e romantici alla Clark Gable, Gregory
Peck o Douglas Fairbanks, protagonisti dei film
più disimpegnati dello stesso Walsh, sono
dei personaggi convenzionali e uomini tutto sommato
ordinari, spesso sovrastati dalle loro partner
femminili (Olivia de Havilland, Jane Russell,
Ida Lupino...), mentre i personaggi più
negativi e problematici hanno una statura statuaria.
Lang invece scava nel torbido delle passioni,
dei vizi e della fallibilità umana e spesso
non c'è differenza tra "buono"
e "cattivo", così come spesso
è labile il confine tra normalità
e pazzia: l'"uomo vero" così
non è più l'eroe tradizionale, sicuro
di sé e sempre nel giusto, perché
un simile uomo non esiste, ma chi sa scendere
a patti coi limiti propri e degli altri. Si prendano
film semisconosciuti ma bellissimi come "L'alibi
era perfetto" o "Bassa marea"o
persino una commedia avventurosa senza pretese
come "Il covo dei contrabbandieri",
così come i più accreditati "M",
"La bestia umana", "La donna del
ritratto", "Furia", "Sono
innocente": dov'è il confine tra colpa
e innocenza? Questo anche perché un'ossessione
di Lang è quella del doppio (doppia personalità,
doppia faccia - La Grahame sfigurata per metà
nel Grande Caldo - doppio destino....), e quindi
i suoi personaggi sono molto spesso ambigui e
ambivalenti, coi criminali che fanno giustizia
e la polizia corrotta, persone perbene che diventano
assassini, persone ammirabili che in realtà
sono dei mascalzoni e via enumerando.
Infine
c'è Ray: come accennato prima, egli opera
all'interno di generi "maschi" in senso
in qualche modo "distruttivo" del genere
stesso, portando in primo piano i sentimenti,
le debolezze, la rabbia dei suoi eroi e dando
un inusitato risalto ai personaggi femminili e
essere uomo vero significa non essere un duro
ma semplicemente essere di sentimenti puri e "fede"
inattacabile. Ribelle e sconclusionato come i suoi protagonisti o i suoi stessi film,
a volte eccessivi, spesso sardonici, sempre controcorrente,
Ray ci ha dimostrato che si può essere
dei veri eroi anche piangendo, perdendo, morendo.
Elena Aguzzi