Tir di Alberto Fasulo vince al Festival di Roma

24/11/2013

Vincitore del Marc’Aurelio d’Oro per il miglior film al Roma Film Festival, Tir racconta la vita di un uomo, Branko, ex insegnante di Rijeka, che da pochi mesi ha trovato lavoro come camionista per un un’agenzia di trasporti italiana. Una scelta enormemente sofferta, che lo tiene lontanto dalla moglie, dal figlio e dal nipotino, dovuta esclusivamente ad un fattore economico, visto che con questo nuovo lavoro guadagna tre volte di più di quanto prendeva come insegnante. Branko si impegna in ogni modo per svolgere al meglio il suo nuovo lavoro, che è sempre più schiavizzante ed alienante, che lo costringe a farsi docce, a cucinarsi e a mangiare sempre all’aperto, all’ombra del suo camion. Eppure Branko con la sua educazione, la sua pazienza e la sua buona volontà, riesce a resistere e a rendere migliore questa sua esperienza, a non rattristarsi, a non lasciarsi prendere dallo sconforto neanche quando attende per due giorni una telefonata sui suoi prossimi spostamenti, restando chiuso nel suo camion in autostrada. Branko, dall’interno della sua cabina e attraversando l’Europa senza mai scendere dal suo tir, nobilita un lavoro sempre più assurdo.
Tir è un film semi documentaristico, che -pur raccontando una storia reale- è girato come un film di finzione e con un vero attore, ma che allo stesso tempo documenta perfettamente la vita di un camionista, che si svolge per lo più all’interno della cabina del camion e lungo le autostrade. Ciò che più colpisce di questo film, oltre alla straordinaria bravura dell’attore Branko Zavrsan, è la capacità del regista Alberto Fasulo (38 anni) di riuscire a mostrare attraverso delle belle riprese, la solitudine e i silenzi con cui Branko è costretto a rapportarsi durante quei viaggi interminabili in giro per l’Europa. Non soltanto, ma con questo film Fasulo ha sicuramente aperto gli occhi di molte persone verso un mondo quasi invisibile e poco conosciuto, come quello dei camionisti e delle loro condizioni lavorative.  “Tir  è un film che mi ha cambiato la vita, un atto di coraggio durato cinque anni in cui mi sono preso i miei rischi” ha commentato il regista dopo la meritata vittoria. L’attore Branko Zavrsan (che avevamo apprezzato già in No man’s land di Danis Tanovic e Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard) ha accettato la sfida di diventare camionista per davvero, per sei lunghi mesi, dopo aver conseguito la patente di guida e con l’aiuto di Maki, camionista di professione che è anche l’unico altro attore ad apparire nel film al fianco di Branko. Già perché Zavrsan, che con la sua ottima interpretazione vale sicuramente metà del premio vinto al Festival di Roma, è l’unico attore protagonista di Tir, accanto a lui, per alcune scene, soltanto Maki e le persone che gli consegnano la merce da trasportare, ma di cui molto spesso non vediamo neanche il volto. E poi le voci, le telefonate, quelle della moglie che gli racconta le sue giornate e cerca di convincerlo ad accettare una nuova cattedra come insegnante, quella del figlio che gli chiede un aiuto per comprare casa e quelle dei suoi capi che gli comunicano i vari spostamenti.
Dopo Sacro Gra a Venezia, un altro regista italiano vince il premio per Miglior Film ad un Festival e lo fa meritatamente, nonostante gli altri bei film in concorso (tra cui quelli che sembravano i favoriti, Dallas Buyers Club ed Her che comunque portano a casa i premi di Migliori attori a Mattehew McConaughey e a Scarlett Johansson). E se già questo punto potrebbe far riflettere molto sul fatto che forse, seppur lentamente, il cinema italiano stia cercando di tornare a livelli più alti, l’altra notizia positiva della vittoria di Tir è che il cinema documentario si sta finalmente facendo largo all’interno di una cinematografia, almeno in Italia, che tende invece a privilegiare i generi di finzione.
Voto: 8

Silvia Preziosi