Porco Rosso

11/11/2010

di Hayao Miyazaki
con: Animazione

Italia, anni '30. Il pilota di idrovolanti Marco Pagot, dopo che si è misteriosamente trasformato in suino in seguito a una sanguinosa missione durante la Grande Guerra, sbarca il lunario – col nome di battaglia di Porco Rosso – come cacciatore di taglie ai danni dei pirati dell'aria che infestano l'Adriatico. Lo scontro si trasforma in sfida personale quando questi assumono Curtis, un bellimbusto americano, che si invaghisce a ruota prima dell'affascinante signora Gina dell'Hotel Adriano, poi della piccola e vivace meccanica Fio, entrambe però innamorate del porcello.
Dopo 18 anni, giunge finalmente anche in Italia (in un'edizione ben curata e con la convincente voce di Massimo Corvo nel ruolo del protagonista) il mitico anime di Miyazaki, che per una volta rinuncia ai messaggi ecologisti, ai mostri magici, agli arruffamenti di sceneggiatura, a bambini che volano (salvo che sugli aerei...), scegliendo una storia lieve e romantica, capolavoro di leggerezza e divertimento, con un finale sussurrato e quasi misterioso (“Come andò a finire la scommessa di Gina è un segreto”).
Una storia che rivela tutto l'amore di Miyazaki per l'aviazione (basti vedere la lunga sequenza della costruzione dell'aereo o come Fio eviti la distruzione dello stesso facendo leva sull'orgoglio dei piloti di idrovolanti e il loro amore per gli apparecchi), e che vive, come è ovvio, dello splendido tocco di pennello del maestro: delicato nei colori, fluente nell'animazione, semplice nel disegno, curato nei dettagli, buffo nelle caricature, suggestivo negli sfondi.
Il messaggio ovviamente c'è, ma non è strombazzato, bensì nascosto tra le righe della trasformazione fisica di Marco Pagot/Porco Rosso (che quindi non è solo una genialata per rendere il protagonista meno ortodosso): perse le sembianze umane dopo aver visto gli amici morire e tutti gli aerei venir risucchiati in una sorta di via lattea aviatoria, egli, dopo quest'ultima avventura a fianco della giovane Fio Piccolo, riacquista fiducia nell'umanità e, forse?, aspetto appunto umano.
Al pubblico nostrano il film riserva un piacere in più: la finezza della ricostruzione del periodo. E se un paio di ambientazioni geografiche non sono impeccabili (la convincente periferia industriale milanese, si affaccia poi su un fiume tipo Senna; l'isola-rifugio più che adriatica sembra thailandese), impeccabili sono le scelte dei nomi (con quel Pagot in omaggio ai fratelli Nino e Toni, animatori – i creatori di Calimero, tanto per intenderci), che non solo sono italiani, ma persino “d'epoca”.
Per i nostalgici di un mare disegnato con china e acquerello e non da un software. E accuratamente in 2D!

Voto: 7

Elena Aguzzi