Incontrerai l'Uomo dei tuoi Sogni
03/12/2010
di Woody Allen
con: Naomi Watts, Antonio Banderas, Josh Brolin, Anthony Hopkins, Gemma Jones, Freida Pinto, Lucy Punch
La vita è piena di suono e di rabbia e senza significato. A confermare quanto la citazione macbethiana risponda al vero, specie se applicata all’assurdità dei rapporti sentimentali, Woody Allen, servito dal solito cast stellare, mette in scena ancora una volta una girandola di storie e incomprensioni che s’intrecciano, coppie che si lasciano o non s’incastrano cogliendo sempre l’attimo sbagliato, tutte che girano a vuoto aggrappandosi all’illusione. E ancora una volta ritroviamo i suoi segni inconfondibili, temi o dettagli che ritornano un film dopo l’altro a connotare il suo Cinema. A partire proprio da quell’illusione di cui abbiamo bisogno per vivere, come chiosava in “Ombre e nebbie”, e la figura dell’indovino ciarlatano (“La maledizione dello scorpione di giada”, “Scoop”) s’incarna qui in una chiromante che dispensa predizioni a Helena, abbandonata di colpo da un marito che si rifiuta d’invecchiare, influendo così sulla vita della sua già disastrata famiglia. C’è l’oca dalla voce stridula e i pochi vestiti appariscenti (“La dea dell’amore”, “Pallottole su Broadway”), c’è l’uomo ideale che puntualmente ti preferisce l’amica (“Hannah e le sue sorelle”, “Melinda e Melinda”), c’è la donna che vuole un figlio, c’è lo scrittore in crisi e c’è soprattutto quell’inconcludente, vano, gioco di coppie che non funzionano e non si trovano, e qui l’elenco diverrebbe davvero troppo troppo lungo, perché è ciò che Woody Allen racconta meglio e non si stanca di raccontare, perché non vi è nulla di più folle e insensato dell’amore, che pure continuiamo a cercare ripetendo gli stessi errori.
Eppure, a questo suo ennesimo puzzle di insoddisfazioni (se si spia la bella dirimpettaia riempiendosi di sogni, una volta raggiunta si guarderà ancora nella finestra di fronte ciò che si è appena perduto) manca quella verve che ha contraddistinto i suoi anni di grazia. Certo la bella Londra che incornicia queste storie gli è più congeniale della Spagna che faceva da sfondo al debole “Vicky Cristina Barcelona” (e questo è il suo quarto viaggio in Inghilterra), ma la debolezza di fondo rimane, come se la vena fosse in esaurimento e anche la narrazione girasse a vuoto come i suoi personaggi. Resta un’amarezza di fondo, dietro alla patina disinvoltamente brillante, che li accomuna tutti nella desolazione e l’Woody migliore emerge quando più si fa cattivo, come nell’episodio del manoscritto rubato e la sua conclusione in ospedale.
Voto: 7
Gabriella Aguzzi