Il Discorso del Re
27/01/2011
di Tom Hooper
con: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pierce, Derek Jacobi, Michael Gambon

Vi sono sempre modi nuovi ed originali per realizzare un biopic. Ed è quanto fa Tom Hooper con “Il discorso del Re” focalizzandosi sulla balbuzie del Duca di York destinato a diventare Re Giorgio VI per una serie di eventi, contro i suoi timori e la voglia di restare nell’ombra, e sul suo rapporto con l’eccentrico logoterapeuta Lionel Logue che si trasformerà in insolita ed improbabile amicizia, fino al discorso radiofonico che spronerà la Nazione alle soglie della guerra: la Storia è di sfondo, ma presenza incombente con l’oscura minaccia bellica, e tutto il passato psicologico di un’infanzia difficile cova sotto le ceneri ed emerge dalle confidenze nei momenti di maggior afflato e tensione. Materiale poco accattivante, potrebbero obiettare a questo punto i lettori, meravigliandosi davanti al numero di candidature all’Oscar che ha ricoperto il film. Invece questo film impeccabile e squisitamente british le merita in pieno riuscendo ad evitare la retorica, a fornire un quadro storico ed umano senza didascaliche pedanterie, a mantenere costante la lievità e l’arguzia di uno humour tutto inglese, deliziandoci con i meravigliosi duetti tra un Colin Firth al di là di ogni elogio e Geoffrey Rush che dà volto e anima, e simpatia, a questo dottore fuori dai canoni ma fine conoscitore dell’animo umano, attore shakespeariano fallito e fiducioso nel potere della musica, che riesce a far breccia nella riservatezza spinosa del futuro Re cresciuto nella paura. Film di estrema eleganza formale ma privo di orpelli, resta soffuso di malinconia pur celebrando un’intima vittoria e vede ogni attore perfetto nel suo ruolo, da Helena Bonham Carter, futura Regina Madre, a Guy Pierce nei panni di Edoardo responsabile della scandalosa abdicazione che condurrà il fratello al Trono.
Ma la superlativa interpretazione di Colin Firth costituirebbe già da sola una ragione per assistere al film, da gustare assolutamente in lingua originale, sempre più intenso ad ogni interpretazione e, schivo e riservato come il Sovrano che interpreta, in silenziosa ascesa verso l’Oscar che, siamo pronti a scommettere, quest’anno sarà suo. Colin Firth scandisce i blocchi della parlata sulle emozioni che agitano il personaggio, di cui incarna mirabilmente la fragilità, alternando scatti d’ira ad uno humour elegante.
Voto: 7,5
Gabriella Aguzzi