Tutti al mare
11/03/2011
di Matteo Cerami
con: Marco Giallini, Ilaria Occhini, Ambra Angiolini, Anna Bonaiuto, Libero De Rienzo, Ennio Fantastichini, Vincenzo Cerami, Gigi Proietti
Tutti al Mare, dall’11 marzo in 107 sale dello stivale, è stato presentato all’anteprima milanese come una libera ispirazione al film di Sergio Citti “Casotto” del 1977.
Seguendo il detto “stessa spiaggia, stesso mare”, l’opera prima di Matteo Cerami, figlio dello sceneggiatore Vincenzo, che qui, come in “Casotto”, ci ha messo la firma, ripropone un film corale e disordinato che ha come unica location il chiosco di Maurizio, che, insieme alla madre, assiste con bevande e pesce più che fresco, surgelato, i bagnanti di una spiaggia romana.
La storia si apre in un giorno qualsiasi di un mese estivo qualunque con Maurizio che, spingendo la sedia a rotelle della madre, raggiuenge il suo chiosco dove un gruppetto di camerieri immigrati è già al lavoro per l’apertura: si posizionano i tavoli, si spazza il terrazzo, una stirata alla bandiera italiana dalla barista giamaicana e tutto è pronto per ricevere i bagnanti della giornata.
Un film privo di una struttura narrativa ben delineata in cui i personaggi si alternano tra loro mostrando, quasi per caso, degli spezzettoni delle loro esistenze e dei loro problemi ma senza mai far entrare fino in fondo lo spettatore nella storia.
Entrano ed escono vari personaggi che mettono in mostra le loro vite attorno ad un tavolino, bevendo uno spritz o leggendo il giornale con la pelle madida di sudore e crema solare, mentre altri personaggi non umani si muovono sul pavimento apportando anche loro il loro contributo alla storia: un topo, amante del pecorino, che ispira strategie machiavelliche a Maurizio per catturarlo, un cavallo che entra ed esce dal bar facendo fluttuare la sua chioma al vento di iodio e un pappagallo che sentenzia e bestemmia dalla sua gabbia-poltrona di casa tutto ciò che succede al chiosco reality.
Come in Casotto, anche in Tutti al Mare la romanità regna sovrana poiché Cerami ha voluto fare “ un omaggio alla commedia romana” che anche qui mantiene l’obiettivo cinematografico sulla metamorfosi tra giorno e sera: dal chiosco alla buona con clienti “sbragati” e un po’ coatti, al Chez Maurice con il rassicurante abito da sera e clienti vip tra luci e lustrini.
Se quindi in Casotto i personaggi erano “ semplici e facili da capire”come era d’altronde il passato, in questo film e nella nostra realtà “ i personaggi sono più complessi, quasi delle ombre il cui reale significato viene svelato solo alla fine.”
Il film è pieno di citazioni, da Pasolini al parente Casotto ( la ripresa del finale della sigaretta che non si vuole accendere) e, perciò, un estetico cruciverba filmico per gli esperti cinefili; ma per colui, che per generazione tardiva o mancanza di interesse, non sa cogliere queste doppie verità che portano al Santo Graal cinematografico del “tutto collegato”?
A lui, resterà solo la storia del film.
Ed è qui, che il nodo viene al pettine.
La storia risulta debole e le caratterizzazioni dei personaggi sono pennellate confuse che non sviluppano bene il personaggio nel suo need & desire ( bisogno e desiderio), usando la terminologia degli alti manuali di sceneggiatura made in USA, che permettono allo spettatore di capire le motivazioni del soggetto e seguirlo nelle sue azioni.
L’alternarsi dei personaggi e il loro vivere una giornata al mare non produce qui un ritratto della cultura o della società odierna ma un movimento scomposto e senza senso di personaggi che, in alcuni tratti sembrano affetti da psicosi, e che vorrebbero forse comunicare un po’ troppo con il solo sguardo.
Sebbene l’idea sia originale, anche se ex-novo, la storia vacilla sia sul piano “metafisico” che su quello “naturalista”, sfociando nel surrealismo allucinato quando il cavallo dalla lunga chioma e un’unità speciale della polizia fanno capolino nel bar e se ne vanno, mentre il barista Maurizio, seppur un po’ perplesso allo spettacolo itinerante, continua ad asciugare i bicchieri.
Voto: 6,5
Roberta Costantini