Harry Potter e i Doni della Morte - parte 2
12/07/2011
di David Yates
con: Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Ralph Fiennes, Alan Rickman, Helena Bonham Carter, Maggie Smith, Michael Gambon, John Hurt

Si è giunti veramente alla fine. Seconda parte dell’ultimo capitolo. La Saga si chiude. Atteso, attesissimo, forse troppo, tanto da sciuparne il pathos, arriva il gran finale. E arriva in maniera roboante, sotto l’effetto del 3D, tra ombre e scintille che soffocano in parte la malinconia e lo strazio racchiusi nelle ultime pagine della Rowling a concludere un viaggio di crescita che confina con la conoscenza della morte. Visivamente il film è bellissimo e l’avanzare delle atmosfere dark che si affacciano a partire dal terzo film della saga, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, toccano l’apice, avvolgendolo nell’oscurità più cupa, una desolata oscurità dell’anima e dell’incedere delle forze del Male. Gli scorci di Hogwarts diroccata e ridotta a macerie dopo la battaglia, l’antro decorato di serpenti in cui Ron ed Hermione si addentrano alla ricerca dei denti del basilisco, l’esercito di pietra evocato dalla McGranitt a sbaragliare il passaggio di Voldemort formano una scenografia visionaria e altamente suggestiva. E la battaglia, che nella pagina scritta si dilungava in una tediosa descrizione, si concentra nella forza dell’impatto visivo, con gran dispendio di effetti speciali ma con risultato indubbiamente più efficace.
Per contro una sceneggiatura affrettata sbalza i personaggi verso repentine conclusioni, spesso incomprensibili a chi non avesse letto i libri, elimina passaggi ed introduce d’improvviso personaggi mai nominati prima, così che, nonostante l’ultimo libro sia stato suddiviso in due film, resta ugualmente l’impressione di un digest veloce che non approfondisce né fatti né sentimenti. Tutto il dubbio attorno a Silente e il lento sgretolarsi del suo mito, sul quale è imperniato l’intero libro, è quasi accantonato, come già avevamo avvertito dal film precedente, lasciando spazio alla brusca rivelazione del suo modo di agire (forse così anche più brutale e potremmo considerarla una scelta di adattamento registico se già in precedenza non fossero state operate altre censure, anche attorno al personaggio stesso di Voldemort).
Resta di intensa commozione la parte dedicata a Piton, vero eroe romantico della storia, e la bellezza del capitolo più struggente di tutta la saga non viene intaccata, semmai accresciuta nel tradurre le sue memorie in lacrime. Da questo momento il film va in crescendo: l’incamminarsi tra i morti sul campo, gli spiriti evocati con la pietra della resurrezione per accompagnare nell’ultimo passo, l’avanzare volontario di Harry verso il sacrificio. E qui, con il sacrificio, libro e film avrebbero dovuto concludersi. L’espediente faticoso della Rowling per creare un secondo finale non mi ha mai convinta, e ancor meno mi convince al cinema dove ancora una volta la spiegazione è affrettata e dove i due nemici si sfidano a colpi di saette catapultandosi insieme dall’alto di una torre. Per tacere dell’epilogo di 19 anni dopo.
Voto: 7
Gabriella Aguzzi