Immortals

10/11/2011

di Tarsem Singh
con: Henry Cavill, Stephen Dorff, Freida Pinto, Mickey Rourke, John Hurt, Luke Evans

Stupisce che ancora oggi si possano girare film come “Immortals”. E se il 3D va di moda non basta a giustificare l’esistenza di questo risibile giocattolone (il suo uso poi si riduce ad un’onda gigante e un po’ di schizzi di sangue). Anche il peplum torna di moda, così ci ritroviamo in una leggendaria antica Grecia da baraccone, dove i Minotauri vestono maschere di ferro e dove gli Dei, in tutina dorata, stanno sulle nuvolette ad aspettare che i Titani vengano liberati per avere il via ad entrare in battaglia. A costo di sembrare all’antica, ci auguriamo che le giovani generazioni non conoscano la Mitologia attraverso splatteroni pompati di effetti speciali come quello in questione, molto più vicino al videogioco che all’Epica, dove attori nobili come Mickey Rourke (il re folle Iperione, malvagissimo) e John Hurt (Zeus in sembiante di vecchio) perdono la loro dignità solo prendendo parte al cast.
Un film fumettistico di supereroi travestiti da eroi dell’antica Grecia, ma siamo lontani anche dalla suggestiva fotografia di “300” che invece al fumetto si rifaceva con gusto e stile. Il pretenzioso voler guardare alla pittura di Caravaggio dichiarato dal regista Tarsem Singh, poi, suscita addirittura ilarità. Sulla scia di Conan il Barbaro ecco infatti un altro filmone costoso e incongruente che mette in salvo qualche scenario graficamente affascinante e per il resto è solo un gareggiare a chi pesta di più.
Montagne che si sgretolano su eserciti computerizzati, Dei che piombano in terra con flash luminosi e si azzuffano a colpi di spada, un arco magico che il nostro eroe salvatore del mondo perde inciampando maldestramente lasciandolo in mano ai cattivi, un oracolo che perde i suoi poteri di veggenza per un amplesso, cadaveri che schizzano in pezzi, leggende stravolte senza alcun sembiante con l’originale, facce moderne completamente fuori luogo, un po’ di pettorali e bicipiti in mostra, epica zero, nessun senso del tragico e anche nessuna ironia se non un umorismo totalmente involontario. L’elenco delle nefandezze potrebbe proseguire a lungo, ma forse lo riassume più efficacemente la lapidaria definizione che Fantozzi aveva dato della Corazzata Potemkin.

Voto: 3

Gabriella Aguzzi