J. Edgar
05/01/2012
di Clint Eastwood
con: Leonardo Di Caprio, Naomi Watts, Judi Dench, Armie Hammer, Josh Lucas
Il vecchio Clint colpisce ancora. Con classe, con amarezza, con ferocia. Dalla vita di J. Edgar Hoover, capo dell’ FBI per 50 anni, altri avrebbero facilmente tratto un ridondante e pedante biopic. Non Clint Esatwood. Facendo perno sulla narrazione a flash back con impressionante scioltezza, tanto da far apparire il gioco di incastri e rimandi come assolutamente naturale, ripercorre la storia dell’America attraverso la vita di un uomo che, passando per otto presidenti e tre guerre, si fa volontario paladino della lotta contro il crimine, combattendo il Male in ogni sua forma, dai bolscevichi ai gangster, autoergendosi ad eroe, mentre la sua missione assume le gigantesche sembianze dell’ ossessione alla quale tutto sacrifica, compresi i sentimenti. L’autobiografia che J. Edgar stesso detta confonde realtà e finzione, inganno e verità, idealizzando e colorando della bellezza del romanzo la realtà dei fatti, anche a se stesso, mescola la legalità del fine all’uso improprio dei mezzi e all’infrazione delle regole, ambizione e giustizia, e assieme alla sua ascesa al potere assistiamo al suo fallimento umano, così come un altro grande, Charles Foster Kane, troneggiava in Quarto Potere. Il rimando cinefilo non è casuale, poiché Leonardo Di Caprio, in quella che è in assoluto una delle sue interpretazioni più grandi e che sarebbe un crimine non premiare con l’Oscar (guardate i suoi tentennamenti di vecchio e ne resterete stregati) ricorda Orson Welles anche nel fisico, così come nella solitudine imperante che lo circonda come in un alone.
L’uccisione di Dillinger, la caccia al colpevole del rapimento Lindbergh, la battaglia contro quel “nemico pubblico” dell’America incarnato nei film con James Cagney, si susseguono con l’incedere di affetti negati: la segretaria Helen Gandy (Naomi Watts), che si unì alla sua causa restandogli fedele fino alla fine, la madre (Judi Dench), figura dominante della sua vita, il legame con l’amico e collaboratore Clyde Tolson l’omosessualità mai accettata.
Forse il lavoro di Eastwood è talmente perfetto da non suscitare la commozione violenta di altri suoi film precedenti, fatte salve alcune sequenze “clou”, come quella in cui Hoover indossa gli abiti della madre morta. Ma con l’uscita di “J. Edgar” il 2012 cinematografico inizia nel più degno dei modi, annotando negli annali la magistrale interpretazione di Di Caprio. E una sublime fotografia avvolge di luce e ombre un personaggio fatto di luce e ombra.
Voto: 8
Gabriella Aguzzi
Questa volta Eastwood si allontana dalle vicende dal sapore epico e sceglie un personaggio - o per meglio dire un simbolo - a dir poco antipatico. É difficile basare una narrazione su qualcuno che appare insopportabile, eppure il regista riesce con grande sensibilità e acume a farcelo digerire tanto che alla fine lo spettatore si commuove e prova compassione per J. Edgar Hoover ideatore, organizzatore e despota dell'FBI.
Quelli in cui si dipana la storia di Hoover sono anni cruciali per le sorti del mondo, dall'America degli anni '20 sulla soglia della Grande Depressione fino alla fine degli anni '60 quando gli USA da paese con le pezze nel didietro diventano la prima potenza mondiale.
Nell'arco di cinquant'anni Hoover, eminenza grigia di presidenti e senatori, è sempre a quella finestra, pronto ad affacciarsi a ogni parata del neoeletto per salutarlo con un gesto della mano come un moderno Richelieu.
Il capo indiscusso dell'FBI era sicuramente indigesto ai politici i quali però erano ben consapevoli di non potere fare a meno di quello che il commissario Montalbano avrebbe chiamato "Il puparo", il grande burattinaio, the Puppetmaster.
La sua guerra personale contro il Male sfocia nell'ossessione di trovare un metodo scientifico per condurre l'eterna lotta. Se avesse potuto, avrebbe schedato tutti gli abitanti del pianeta come se questo fosse stato un'immensa biblioteca. Ci riesce molto probabilmente con i cittadini degli Stati Uniti e al suo schedario segreto non sfuggono nemmeno i presidenti e i loro familiari, nel film si citano, non a caso, le intercettazioni che "provavano" una relazione omosessuale di Eleanor Rooswelt. Nessuno ama Edgar tranne l'onnipresente Tolson e la segretaria personale Helen Gandy interpretata con grande eleganza da Naomi Watts. Il bugiardo e megalomane Hoover è in realtà un "ometto pignolo" fin quasi a rasentare l'autismo che lo rende anaffettivo nei confronti di tutti fuorché della madre, una specie di regina nera, unico amore della sua vita assieme al fedele braccio destro Clyde Tolson, interpretato da Arnie Hammer con un indovinato stile dandy. Eastwood introduce così un'altra tematica molto scottante, quella dell'omosessualità di Hoover che però contiene quella stessa timbrica che ci farà commuovere.
In questo film Di Caprio è magistrale, soprattutto nelle parti in cui interpreta Hoover ormai vecchio e stanco. Il trucco è perfetto, nulla fa pensare a un artificio, piuttosto a una macchina del tempo. L'attore si muove come fosse davvero anziano con tentennamenti e i tremolii tanto che pare quasi di percepire l'affanno del suo respiro. Un'annotazione particolare infatti va al trucco, gli attori sono stati "invecchiati"in maniera così veritiera da non tralasciare nulla, persino le mani - difficilissime da "truccare" - e le cornee velate da cronico rossore di stanchezza, evidenti soprattutto nella Watts, un po' meno riuscito forse in Hammer.
Il film si chiude con un movimento delle Variazioni Goldberg eseguite da un altro geniale quasi autistico Glenn Gould, non è un caso.
Voto: 8
Katia Ceccarelli