Proseguendo a ritroso nella riscoperta del Grande Cinema di Hayao Miyazaki ecco uscire sugli schermi italiani, a distanza di 26 anni dalla sua realizzazione, un classico dell’86 dello Studio Ghibli: Laputa – Il Castello nel Cielo. Un film che non risente del tempo e continua a incantare in ugual modo (è prerogativa degli incantesimi il non invecchiare). “Laputa” riassume già, in modo meraviglioso, tutti i temi cari all’immaginario di Myazaki e ne rivela la sfrenata fantasia narrativa e visiva. Vi è il gusto dell’avventura, con inseguimenti rocamboleschi (e qui rendiamo omaggio alla folle dinamicità del compianto Yoshinori Kanada) e scontri tra pirati di buon cuore e villain a tutto tondo. Vi è l’eroismo dei due piccoli eroi protagonisti, forti del loro amore giovanile e della loro coraggiosa innocenza, di una nobiltà e purezza di cuore che Miyazaki concede solo ai bambini facendone la più potente di tutte le armi. Vi è l’ossessione del volo, tema onnipresente, dal gigantesco, benevolo Totoro a Porco Rosso (che resta uno splendido capitolo a sé nella cinematografia di Miyazaki, distaccandosi dalle altre sue fiabe), al fantasmagorico sbuffante Castello Errante. Vi è il messaggio ecologista (tenerissima la figura del robot giardiniere), ancora non ossessivo come in film successivi, così come la storia scorre più lineare di altre, pur appassionante tra continue sorprese e inattesi sviluppi. E vi è, naturalmente, l’inebriante splendore del disegno e del colore.
Tra Swift e Verne, Miyazaki crea un viaggio dove rocambolesche macchine solcano i cieli fino all’apparire di Laputa, la leggendaria isola fluttuante, l’Eden perduto, la città incantata, il regno favoleggiato, il mitico paradiso gravido anche di infernali minacce. Un’avventura anche per noi, che unisce grandi e bambini e affascina chiunque voglia lasciarsi trasportare sulle sue ali.
Voto: 8
Gabriella Aguzzi