Taken - La Vendetta

11/10/2012

di Olivier Megaton
con: Liam Neeson, Maggie Grace, Famke Janssen

L’ex agente della CIA Bryan Mills, già protagonista di “Io vi troverò” (“Taken”, 2008), deve vedersela con la sete di vendetta di criminali albanesi che vogliono fargli scontare l’uccisione dei loro amici e parenti, “delitti” di cui si è macchiato nel film precedente.
“Taken”: “presi”…sì, per i fondelli. Ci verrebbe in mente una frase più colorita, ma eviteremo espressioni triviali. Un “film” del genere, davvero un insulto all’intelligenza degli spettatori, non merita una vera e propria recensione. Ci limiteremo a esporre alcune considerazioni maturate dopo la visione:
1.    Chi produce un’opera simile non deve aver mai sentito parlare di “sprezzo del ridicolo”.
2.    Chi produce un’opera simile deve essersi formato alla scuola delle peggiori telenovelas, altrimenti non si spiegherebbero dialoghi così imbarazzanti.
3.    Chi produce un’opera simile non deve aver mai incontrato albanesi e turchi che non fossero bifolchi, di malaffare o fannulloni rincretiniti. E talvolta le generalizzazioni al cinema andrebbero evitate.   
4.    Chi produce un’opera simile è un genio: le intuizioni su cui sono costruite sequenze come quella del rapimento sul furgone, con Neeson novello Mandrake, coniugano action movie e “fantasy” con una spudoratezza che probabilmente non ha uguali nella storia della settima arte.   
5.    Chi produce un’opera simile è un genio: chi altri rivisiterebbe la fiaba di Pollicino sostituendo alle briciole delle granate (che con nonchalance vengono lanciate sui tetti di Istanbul dalla figlia dell’agente come se si trovasse in mezzo al deserto)? E che dire della lezione telefonica di “controspionaggio”?
6.    Memorabile l’accenno “conciliatorio” in chiusura del film; degno del discorso finale in “Rocky IV” (“Se io posso cambiare, e voi potete cambiare… tutto il mondo può cambiare!”). Ma dei cattivoni albanesi, si sa, non ci si può fidare…
7.    A proposito di “sospensione dell’incredulità”: neanche agli spettatori del teatro elisabettiano era stato mai chiesto uno sforzo simile.
Conclusioni:
a)    In altri tempi, la proiezione di un’opera come “Taken: la vendetta” avrebbe provocato una sommossa (il titolo italiano forse allude alla reazione violenta del pubblico che potrebbe seguire la visione del film).
b)    Sanzioni: l’espiazione ci sembra l’unica soluzione incruenta. Per rimediare all’offesa arrecata agli spettatori, il regista dovrà assistere a un fantozziano rogo della pellicola incriminata (alla “Ultimo tango a Parigi”). Poi, nella speranza che impari i primi rudimenti, questi sarà costretto a visionare più volte, in ginocchio sui ceci ovviamente, “James Tont operazione U.N.O.” (1965) di Bruno Corbucci, con Lando Buzzanca. Quella sì una spy story condita da umorismo non involontario, in confronto alla quale “Taken: la vendetta” fa la stessa figura di un romanzo di Federico Moccia al cospetto del “Romeo e Giulietta” di Shakespeare.

Voto: 1

Andrea Salacone