La Sposa Promessa

08/12/2012

di Rama Burshtein
con: Hadas Yaro, Yiftach Klein, Irit Sheleg, Chaim Sharir

“La sposa promessa” (titolo inglese “Fill the Void”, ovvero “colma il vuoto”) è l’opera prima della regista Rama Burshtein, che decide di raccontare quanto possa essere difficile amare in una comunità religiosa ebraica ultra-ortodossa. Shira, la protagonista, interpretata da un’impeccabile, seppur esordiente Hadas Yaron, deve decidere se sposare Yochay, il marito di sua sorella Esther, morta il giorno della festività ebraica del Purim, nel dare alla luce il piccolo Mordechai. La regista, da una parte descrive con grande minuziosità l’ambiente religioso della comunità di ebrei Chassidim, con quelli che se noi occidentali, appartenenti ad una società così esageratamente libera quando si tratta di relazioni, potremmo considerare “bigottismi”, guardando il film, ci sembreranno esclusivamente momenti di grande spiritualità e di grande passione e fede. Le preghiere, le festività, i matrimoni, e persino i lutti, vengono rappresentati con una verosimiglianza, con un rispetto, che solo una donna che conosce veramente quel mondo può produrre. Da una parte descrive spesso con umorismo l’ambiente familiare che circonda la giovanissima Shira (ha solo 18 anni!). D’altra parte, però, riesce anche, perfettamente, a mettere in primo piano le emozioni della ragazza, come se a un certo punto, quello che stiamo guardando, fosse solo e soltanto un film d’amore, in cui emergono dubbi, emozioni, ripensamenti ed errori di un’adolescente, (forse?) innamorata.  Infatti, fino in fondo, non si comprende completamente se Shira si sia effettivamente innamorata di Yochay, ed è così che dovrebbe essere. Quello che è messo in luce nel film è il rapporto tra la persona e i suoi doveri nei confronti della comunità. Una persona che ha sentimenti, una ragazza troppo giovane per prendersi la responsabilità di dover scegliere se diventare madre del nipote, moglie del cognato, soprattutto in un momento così profondo e doloroso come quello del lutto, oppure se “rinnegare” il volere dei genitori, che vengono comunque dipinti come genitori che riconoscono e rispettano le emozioni della figlia. Con il sottofondo dei canti della religione ebraica, che infondono nel film un senso di grande spiritualità e profondità, con lo sfondo dei costumi, delle acconciature, degli oggetti appartenenti alla sacralità, tenendo sempre a mente che fuori dalla piccola comunità, c’è una Tel Aviv ultra-occidentale e modaiola, facendo scappare ogni tanto anche qualche risatina (che non guasta mai, anche in un film così drammatico), Rama Burshtein ci fa scoprire un mondo in cui sussiste, puntualmente, una battaglia tra il rapporto singolo-comunità e il rapporto donna-uomo: c’è da scoprire, o da interpretare, alla fine, chi vincerà.

Voto: 7

Lavinia Torti