The Sessions

20/02/2013

di Ben Lewin
con: John Hawkes, Helen Hunt, William H. Macy

Basato sulla toccante ed ottimista autobiografia del giornalista e poeta Mark O’Brien (John Hawkes), “The Sessions” racconta la storia di un uomo che, affetto da poliomelite dall’età di 6 anni,  ha vissuto quasi sempre in un polmone d’acciaio. E’ difficile immaginare che possa condurre una normale vita sentimentale, tuttavia Mark non intende rinunciarvi solo perché la sua vita non è “normale”. Nel cercare l’umorismo, l’ottimismo e persino la fede in una situazione tanto delicata, Mark è determinato a godersi la vita per quanto gli sia possibile, e di sperimentare i piaceri fisici ed emotivi che gli sono stati negati. Decide quindi coraggiosamente, all’età di 38 anni, di smettere di sognare e decide di incontrare una terapista sessuale, o meglio un surrogato sessuale, Cheryl Cohen-Greene (Helen Hunt), che lo aiuti a conoscere il proprio corpo, la sessualità e l’intimità. Gli incontri, divertenti, commoventi  –dire utili sarebbe un eufemismo- cambieranno la vita non solo del protagonista disabile che per la prima volta abbraccia il mondo del sesso, ma anche quello della donna, che, pur avendo quella che lei stessa chiama “attitudine al sesso”, si sorprende di nuovo alla riscoperta dell’amore. O’ Brien, nel 1990, scriverà riguardo questi appuntamenti un articolo intitolato “On Seeing a Sex Surrogate”, pubblicato nel magazine letterario “The Sun”, articolo che ha attenuato in maniera non indifferente il tabù che riguarda il legame tra il sesso e la disabiltà, e che, come dichiara il regista Ben Lewin, rappresenta quasi una bozza della sceneggiatura definitiva. Il regista ha deciso di prendere ispirazione da questo articolo per lasciare che ogni persona disabile possa identificarsi con il protagonista, identificarsi con i suoi problemi, legati in primo luogo alle condizioni di vita in generale, e poi alle relazioni sentimentali e sessuali. Mark, dotato di grande senso dell’umorismo, di un’eccezionale forza di volontà e di una straordinaria determinazione, intraprende un viaggio alla ricerca della sua virilità, alla ricerca del suo corpo di uomo, e di amante. E durante il viaggio è affiancato da due personalità che potrebbero definirsi agli antipodi: il surrogato sessuale “che però differisce dalla prostituta” (queste saranno le parole di lei) e il prete (William H. Macy), che subito diventa un amico, che si affeziona a Mark e che gli dà la sua benedizione nell’affrontare questo percorso, nonostante tutto ciò vada oggettivamente contro i precetti della religione cattolica. E se da una parte O’Brien cammina pieno di paure, pieno di ansie e trova nel suo sentiero un mondo di nuove sensazioni, di nuove emozioni, così dall’altra parte, Cheryl abbandona pian piano l’oggettività del dottore di fronte ad un paziente, e si avvicina sempre di più, prima con curiosità, poi con vero e proprio interesse. La storia racconta di un amore diverso, un amore-odio verso se stessi, un amore-odio verso Dio (che “gioca” un ruolo importantissimo nel film), un amore-passione verso una sconosciuta. Lo racconta senza falsi sentimentalismi, senza morali che tentano invano soluzioni edificanti, senza il classico percorso di una commedia d’amore americana. Lo racconta attraverso tre attori sensazionali, soprattutto attraverso John Hawkes che, nonostante il difficilissimo ruolo che ha dovuto interpretare, stando completamente immobile, sdraiato su una lettiga,  è riuscito a calarsi nella parte in maniera ineccepibile. Il film, che ha vinto il Premio del Pubblico e della Giuria per l’intero cast al Sundance Film Festival, raccoglie in sé la poesia di Mark O’Brien, di cui il regista evidenzia le qualità espressive, citando alcuni passi dell’articolo e alcune sue opere, ma raccoglie in sé soprattutto la poesia dell’amore (un amore “per nessuno in particolare”), la poesia della sofferenza, la poesia delle risate, la poesia dello sconosciuto e dell’inatteso.

Voto: 7,5

Lavinia Torti