Che strano chiamarsi Federico

12/09/2013

di Ettore Scola
con: Tommaso Lazotti, Maurizio De Santis, Giacomo Lazotti, Giulio Forges Davanzati, Ernesto D'Argenio, Emiliano De Martino, Sergio Rubini, Vittorio Viviani

Il nuovo bellissimo film diretto da Ettore Scola è un'autentica poesia filmata,  un omaggio - ricordo al grandissimo Federico Fellini a 20 anni dalla sua scomparsa.
Presentato fuori concorso alla 70° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, alla presenza in Sala Grande del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato accolto con grande entusiasmo.
Ammetto d'aver un particolare debole da sempre per tutto il cinema di Scola poiché l'allegra malinconia è sempre in bilico senza mai cadere nel patetico o nel cinismo fine a se stesso; dopo aver visto qualsiasi film di Scola ci si sente meglio per il semplice motivo che al loro interno  c'è sempre un qualcosa che ci riguarda...Il suo cinema è poeticamente d'impegno civile, anche quest'ultimo dedicato al grande regista riminese.
Ettore Scola torna alla regia a 10 anni di distanza dall'ultimo suo Gente di Roma, per raccontare il suo amico e collega Federico Fellini attraverso un film in bilico fra la fiction, il diario personale ed intimo e l'album di famiglia.
Scola ricostruisce con maestria la redazione del Marc'Aurelio, celebre giornale umorista nel quale lavorarono tra gli altri Fellini, Steno, gli sceneggiatori Age e Scarpelli, Ruggero Maccari e molti altri, ma soprattutto luogo nel quale la grande amicizia fra lo stesso Ettore Scola e Fellini ebbe inizio.
Assolutamente imperdibili e divertentissimi i provini che il grande regista fece nel suo Studio 5 di Cinecittà ad Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman per Casanova, ruolo crepuscolare che andò all'attore inglese Donald Sutherland.
La sceneggiatura è scritta dallo stesso Scola assieme alle sue due figlie, Paola e Silvia, con leggerezza ed autoironia; un autentico capolavoro poetico venato da un'allegra malinconia come solo i grandissimi autori sanno fare.
L'opera è arricchita da fotografie d'epoca, scritti, immagini di repertorio e ricordi personali, in ogni frammento di film si percepisce l'amore e l'ammirazione che lega Scola a Fellini.
Tutti molto bravi e perfettamente calati nei ruoli gli attori, Tommaso Lazotti, Maurizio De Santis, Giacomo Lazotti, Giulio Forges Davanzati, Ernesto D'Argenio, Emiliano De Martino, Sergio Rubini, Vittorio Viviani, Fabio Morici, Carlo Luca De Ruggieri, Sergio Pierattini, Andrea Salerno.
Un film di Ettore Scola senza dubbio assolutamente da vedere; quindi bentornato Maestro!

Voto: 8,5

Ettore Calvello

Se i destini e le storie di Scola e Fellini si sono spesso incrociati, a partire dalle riunioni di redazione del Marc’Aurelio (o, ancora prima, dalle pagine di quel giornale che il piccolo Scola leggeva al nonno), attraverso vagabondaggi nella Roma notturna, se molte sono state le affinità, nessuno meglio di Ettore Scola poteva rendere la figura di Fellini in un film che sembra realizzato da Fellini stesso. Ideale continuazione de “L’Intervista” forse, visionario come il suo protagonista, “Che strano chiamarsi Federico” racconta Fellini come a lui stesso sarebbe piaciuto essere raccontato e ne restituisce lo spirito con in più il tocco poetico del ricordo.
Con una narrazione che non è né documentario né finzione (vi sono, sì, spezzoni di film, curiosità, reperti inediti, ma tutto inserito in una cronaca onirica) la storia di Fellini si snoda senza la pesantezza biografica, ma associando episodi, ricordi, incroci, affinità, incontri stralunati, rimandi autobiografici, sul filo conduttore dei film di Fellini che trapelano attraverso i loro motivi ispiratori. Con un Narratore tanto simile a quello di Amarcord, sempre presente sulla scena a commentare ed evocare.
Questo particolare Amarcord di Scola parte dall’arrivo di un giovane Fellini al Marc’Aurelio in un’immagine che sembra tratta da “Roma”, dopo un’introduzione che evoca il mondo magico del regista. A quello stesso giornale approderà Scola anni dopo, a seguirne la resurrezione, ritrovandone le rubriche e le vignette. E ne seguirà l’amicizia notturna col già affermato collega, tra ore passate a scrivere davanti ai caffé, un Oscar di legno consegnato per gioco preludio di tanti Oscar, traversate in macchina della città con personaggi bizzarri catapultati poi nei film (la prostituta dell’episodio iniziale della Dolce Vita), perché “la vita è una festa, quindi perché non viverla ogni giorno come tale?”, il sodalizio con Mastroianni, tanto bello nei film di Fellini quanto imbruttito in quelli di Scola, rifiutato per i provini di Casanova e scelto poi per un Casanova invecchiato il “Il Mondo Nuovo”. Scola fa scorrere tutto sullo sfondo di una Roma dipinta su un telo, attraversata da una corsa di motociclette ed altre citazioni casuali (gli avanspettacoli, la madre di Mastroianni che appare come la madre di Otto e mezzo e c’è anche un personaggio interpretato da Sergio Rubini), in un continuo, sotterraneo omaggio a quel grande magnifico Cinema.
Ma, alternativamente, palpita anche il Cinema di Scola: la lettura al nonno non ci ricorda forse “La Famiglia” e le atmosfere quel piccolo gioiello che è “C’eravamo tanto amati” (film in cui Fellini fu trascinato a interpretare se stesso sul set della Dolce Vita)? Fino a quel finale perfettamente, splendidamente “felliniano”

Voto: 8,5

Gabriella Aguzzi