John May è un impiegato del distretto di Kennington, addetto a rintracciare i parenti di chi muore in solitudine e a provvedere alle sue esequie. Lo fa in maniera precisa e meticolosa, che va al di là della professionalità: anche umana e sensibile: scrive il discorso funebre – che solo lui ascolterà – sceglie la musica più adatta, non si rassegna a chiudere la pratica se non quando ogni pista si rivela un vicolo cieco. E conserva la loro fotografie in un album, unica compagnia alla sua ordinata e monotona solitudine. Quando si ritrova a gestire la morte del proprio dirimpettaio, mai notato in vita, finisce col farsi coinvolgere più del solito, anche perché questo gli si presenta come l'ultimo incarico prima della riorganizzazione del servizio...
Non fatevi sviare da una vaga rassomiglianza della trama a quella del giapponese “Departures”, questo film è tutt'altra cosa, molto più personale e “inglese” - sono inglesi infatti i volti, i colori e l'understatement. Still Life è difatti il classico film che, a volerlo definire con una sola parola, si merita il titolo di “gioiellino”. Minimale nel linguaggio, con inquadrature e dialoghi essenziali; lieve e persino divertente pur se profondamente tragico; toccante e commovente senza scivolare nel patetico; un piccolo film assolutamente perfetto, che tocca senza la minima enfasi temi importanti come la solitudine e l'indifferenza, la vita ( e ciò che si fa di essa) e la morte.
Scrive, dirige e produce Uberto Pasolini, maestro nel suggerire più che nel dire. Un dettaglio, per esempio il protagonista che indossa un maglione dal colore diverso, ci racconta un cambiamento interiore; un'immagine quasi di sfondo, per esempio un'impiegata che sparge delle ceneri, è l'essenza di un dramma.
E tra i meriti di Pasolini c'è senz'altra l'aver portato il caratterista Eddie Marsan al ruolo di protagonista. È un film che ha tutto il volto del suo interprete, straordinario, capace di rendere una gamma di emozioni – dallo stupore, al dolore, la quieta dedizione al dovere, l'attenzione agli altri, la malinconia, la scoperta della vita – senza quasi cambiare espressione, aderendo a quella cifra stilistica del togliere per arrivare al cuore delle cose.
Da non perdere.
Voto: 8,5
Elena Aguzzi