Noah

10/04/2014

di Darren Aronofsky
con: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Anthony Hopkins, Emma Watson

Dopo il successo strabiliante de “Il Cigno Nero”, Darren Aronosky (“Pigreco”, “The Fountain”, “The Wrestler”),  torna con un adattamento cinematografico (in 3D) della storia del Diluvio Universale e dell’Arca di Noè. 
Noah (Russell Crowe), ultimo discendente di Seth, vede un discendente di Caino uccidere il padre davanti ai suoi occhi. Diventato adulto, una notte, sogna la fine dell’umanità che avverrà attraverso un grande diluvio.  Sentitosi il “prescelto” dal Creatore, decide di costruire un’arca in cui stipare tutti gli animali assieme alla moglie (Jennifer Connelly), i figli Sem e Cam (Douglas Booth e Logan Lerman) e Ila (Emma Watson), da tempo ormai parte della famiglia. Aiutato dai Vigilanti (antichissima stirpe scesa sulla Terra dal Cielo per pietà nei confronti degli uomini, e successivamente punita per questo dal Creatore), costruisce l’arca e la difende dagli attacchi da parte del resto degli uomini, per tentare di portare a termine il compito impostogli dalla divinità, quando è evidente che la fine è ormai vicina.
Il regista, promettendo più o meno fedeltà al testo biblico, aggiunge con le immagini un’impronta di fusione tra magico e reale, che rispecchia il genere fantasy degli ultimi anni. Certamente positivo è il fatto che Dio non appaia (né risponda), e che non venga “nominato invano”, ma solo accennato come il Creatore. Ma la raffigurazione di questi Vigilanti lascia molto a desiderare per quanto riguarda gli effetti speciali, come lasciano a desiderare le scene di combattimento, l’infiltrato nell’arca (Ray Winstone) -visto come una sorta di serpente tentatore-, i poteri magici di Matusalemme (Antony Hopkins), i dialoghi troppo impostati che espongono in maniera melodrammatica sentimenti e dinamiche piuttosto elementari (l’amore, la responsabilità, la scelta). 
Aronofsky si concentra sui personaggi, non solo su Noah, che rappresenta l’uomo che si trova di fronte a un bivio, che a volte agisce quasi come un invasato, per la difficoltà ad avere nella propria testa qualcosa di superiore, addirittura rispetto alla sua famiglia, per il desiderio spasmodico di una relazione con l’Assoluto. Riuscito è dunque anche il personaggio della moglie, Naamah, attiva, volitiva, forte come madre e come compagna, forse quasi troppo donna per essere un personaggio biblico. E ben delineato il ruolo di Cam, che percorre un cammino fatto di tentazioni, di deviazioni, di debolezze, un percorso ancora in potenza, alla fine ancora da realizzarsi. Trascurati quelli di Ila e Sem, che sembrano (e forse sono) mero strumento per la narrazione, mero strumento del “crescete e moltiplicatevi”.
Al di là del fine eccessivamente retorico della sceneggiatura, la pellicola va in ogni caso molto apprezzata per una fotografia strabiliante, paesaggi islandesi incantevoli, time-lapses commoventi, una Natura davvero magica; e per la musica, epica, colossale sì, ma comunque magistrale. 
Sicuramente meno banale di tanti altri kolossal, “Noah” risente tuttavia dell’approccio hollywoodiano e fantasy al genere biblico.

Voto: 6

Lavinia Torti