Si alza il vento

13/09/2014

di Hayao Miyazaki
con:

Le vent se lève, il faut tenter de vivre – Kaze takinu, iza ikemeyamo

Il tema ricorrente, quasi ossessivo, del volo nella poetica di Miyazaki lo porta qui lontano dalle favole e dall’infanzia, in una storia del tutto originale che si distacca da quelle del passato, e a firmare il suo film più personale, più maturo, più bello.
Non si possono dimenticare le sue fantasiose macchine volanti, e gli aerei sognati dal giovane Jiro, progettista di aeroplani, sono eredi delle meravigliose invenzioni di “Il Castello nel cielo” e “Il Castello errante di Howl”, come non si possono dimenticare le ferite belliche di “Porco Rosso”, ma “Si alza il vento” ci porta in una dimensione che è fuori dal suo consueto immaginario ed al contempo rappresenta la sua summa poetica.
Racconta la storia di Jiro, ispirato all’ingegnere aeronautico Jiro Horikoshi, ossessionato dal sogno di costruire un aereo meraviglioso, ma quella sua creatura perfetta in guerra si trasformerà in strumento di morte. E la racconta con la bellezza di un disegno che rasenta la perfezione e va dritto al cuore, nella lievità dolcissima dei colori.
Peccato si sia dovuto attendere un anno perché il film arrivasse sui nostri schermi dopo la presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia e peccato ancor più che vi rimanga solo per quattro giorni, perché Si alza il vento è senza ombra di dubbio il più bel film distribuito quest’anno.
Miyazaki non fa un film biografico, ma tutto avvolge nella sua aura poetica, con omissioni temporali che si risolvono in colpi di vento.
Jiro Horikoshi, progettista timido ma di talento, idealista e creatore del Mitsubishi A6M1 più tristemente noto come aereo da combattimento Zero, è raccontato come un ragazzo sognatore e in sogno guidato dal suo modello ispiratore, il Conte Caproni, dedito al lavoro ma ossessionato dal volo, aviatore mancato per miopia e tutto proiettato nella nuova impresa di far volare comunque gli aerei. In lui si riflettono il vero Horikoshi, lo scrittore Tatsuo Hori e lo stesso Miyazaki.
Jiro è all’inseguimento di un sogno maledetto, tutto racchiuso nel cupo presagio della sequenza onirica iniziale. E si libra, sempre come il vento che porta agli incroci del destino, verso una delle storie d’amore più struggenti e più belle che il Cinema d’animazione abbia mai raccontato. Nello splendore verdeggiante, sotto il turchese dei cieli solcati da nuvole, l’amore tra Jiro e Nahoko vive attimi di felicità intensa (da antologia la sequenza romantica del corteggiamento con un aeroplanino di carta) e vira poi in una malinconia dolorosa che ha accenti di pura poesia. Miyazaki cita La Montagna Incantata, e l'atmosfera di Thomas Mann si respira in tutte le scene ambientate nella vacanza in hotel, fa incontrare e rincontrare gli amanti al volo (ancora il volo!) di un cappello e di un ombrello trasportati dal levarsi del vento.
Lo schermo si accende del rosso  degli incendi di Tokyo, delle luci della sera, del verde della landa dei sogni. Eppure, mentre il disegno incanta, ci si dimentica di essere davanti ad un film d’animazione, tale è l’intensità della narrazione.
Passa, sullo sfondo, la storia del Giappone, il terribile terremoto del 23, la povertà, la Grande Depressione, gli anni da una guerra all’altra, e nella dignità composta dei protagonisti si riflette la dignità di una Nazione, fedele ai propri doveri e ai propri sogni.
Ed è nel sogno che ci si incontra. Il giovane progettista Jiro e il suo idolo, l’italiano Caproni, si incrociano più volte in un sogno comune, quello di costruire un aereo perfetto che sia portatore di gioia e non di morte, di librarsi in volo, leggeri, tra famiglie e gitanti, trasportati dal vento. Invece, nel primo incontro come nell’ultimo, nella Prima Guerra e nella Seconda, gli aerei vengono inghiottiti per sempre in un blu senza ritorno, e i piloti vanno sapendo di non tornare.
Il passaggio storico, la tragedia, la morte, tutti i grandi temi che l’intera storia racchiude, Miyazaki ce li racconta col tocco magico che solo la leggerezza del sogno può avere, con la poesia sommessa del non detto, con quella commozione palpabile che è dote solo dei grandi artisti. Con quel soffio di vento che si leva, magico, a segnare i cambiamenti e i tumulti della Vita e della Storia, così come i palpiti del cuore, e che invita a continuare a vivere, malgrado tutto. E si alza fino a un finale sublime.

Voto: 9

Gabriella Aguzzi