American Sniper

04/01/2015

di Clint Eastwood
con: Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes

Il vecchio Clint torna a ruggire. Un colpo secco, preciso, come quello del cecchino appostato sul tetto nel folgorante inizio di American Sniper. E il suo film arriva dritto al cuore, alle viscere. Clint Eastwood non sbaglia e torna a far fremere dopo la gigantesca uscita di scena di Gran Torino, tornando a quelle emozioni che negli ultimi anni erano venute a mancare. E ci concede di iniziare il 2015 cinematografico nel migliore dei modi.
“Quegli uomini meritavano di morire” “Tutti ce lo meritiamo” diceva in “Gli Spietati”. Il cecchino Chris Kyle, “la Leggenda”, giustiziere innocente che crede ciecamente nella difesa del proprio Paese e nel dovere di uccidere, nei suoi quattro turni e 265 uccisioni in Iraq è sempre stato convinto, davanti a Dio e agli uomini, di essere dalla parte dei buoni. E se in Gli Spietati Eastwood distrugge cinicamente il mito americano in American Sniper dipinge un uomo che in questo mito confida e si erge a suo salvatore.
Chris Kyle è un giustiziere solitario come gli eroi western, come Callaghan. Il dubbio non è il suo tormento, semmai lo è l’ossessione. Compiuta la missione non ha altro scopo, la vita di famiglia non gli appartiene, in patria è solo un estraneo perseguitato da allucinati ricordi, un essere inutile, una parte di lui è rimasta in Iraq, col dito sul grilletto, a difendere gli innocenti. Proprio come gli aveva insegnato il padre: al mondo ci sono le pecore e i lupi, e quelli che hanno il dovere incrollabile di difendere le pecore dai lupi.
Clint Eastwood, basandosi sull’autobiografia di Chris Kyle, "il cecchino più letale della storia americana" (che Bradley Cooper impersona con impressionante somiglianza), ce lo racconta senza retorica e col tocco del Maestro. Mentre Kyle inquadra il suo obiettivo nel mirino con un colpo secco il racconto si sposta sul suo passato e bastano poche frasi a farci capire chi è. Eastwood racconta un uomo e ancora una volta racconta la guerra. L’ha filmata su due fronti con Flags of our fathers e lo splendido Lettere da Iwo Jima, ne ha visto le conseguenze nel reduce di Gran Torino ed esplora ora la solitudine di un uomo che sa di doversi sporcare le mani di sangue per un bene superiore.
La confusione, l’assurdità, le cecità, sono tutte in quella furente tempesta di sabbia che tutto avvolge in una nube. In quel finale agghiacciante che arriva con una sola didascalia, senza tentare di spiegare.

Voto: 8

Gabriella Aguzzi