Paterson vive a Paterson e si chiama come la sua città. La attraversa ogni mattina alla guida dell’autobus, ascolta brani di conversazioni, nella pausa lavoro scrive su un quaderno le poesie che si ripete in testa uscendo di casa, ammira William Carlos Williams, di Paterson anche lui. A casa la moglie lo aspetta inventando piatti e disegni con cui dipingere tende e pareti. Dopo cena Paterson porta a spasso il piccolo bulldog e passa dal pub. Così ogni giorno della settimana.
Vi è poesia, tanta, come nella penna e nei desideri di Paterson in questo film, definito dalla critica “una sobria meraviglia”. E’ l’incontro tra la poesia e la quotidianità, il vero, piccolo gioiello che ci regala, alla sua fine, questo anno cinematografico. Jarmush riesce a scovare la magia nella routine e nelle piccole cose, così come cova, segreta e modesta, nel cuore di Paterson, che guarda la vita scorrere dal finestrino del suo autobus e ne cattura gli attimi.
Una poesia mista a deliziosa ironia, quel mix segreto del Cinema di Jarmush. Lo stralunato regista, da Strangers than Paradise a Broken Flowers, da Mistery Train a Coffee and Cigarettes, da Dounbailò a Dead Man, si sofferma a guardare con lo stesso sguardo spaesato e un poco allucinato dei suoi personaggi, le assurdità che ci passano davanti, in una sospensione tra il surreale e il quotidiano.
Allo stesso modo, nella ripetitività dei gesti, il mondo di Paterson mescola incontri bizzarri e frammenti di vita che attraversano le sue giornate.
Verrebbe da credere che Paterson, la città, sia frutto della fantasia un poco folle di Jarmush. Invece esiste realmente, e ha realmente dato i natali alle celebrità di cui gli abitanti si vantano, ha realmente ospitato l’anarchico Gaetano Bresci come si racconta sull’autobus (chiamandolo Gaetano Breschi), e forse è uguale ad altre cittadine del New Jersey. Jarmush ha avuto il dono di coglierne il curioso, quello che c’è da raccontare, come fa o sogna di fare il suo Paterson. Di rintracciarlo negli angoli delle strade sempre uguali, dietro i muri di mattoni, a fianco della diga. Di dipingerlo e ritrarlo con quella magica ironia che solo lui sa creare.
Voto: 8
Gabriella Aguzzi