“Ballerina” non ha avuto recensioni felici, entusiaste, al contrario alquanto spocchiose, infastidite: da cosa? Non è probabilmente all’altezza, esteticamente e tecnicamente, dei film della Pixar o della Disney i cui budget sono decisamente faraonici.
Ed è anche per questo, subdolo, intellettualmente, tralasciabile, particolare che sono contento di averlo visto e recensito.
Il problema, cerco di capire, posso sbagliare, è che il cuore di chi recensisce si è fermato ai titoli di testa, tra le montagne irraggiungibili di certe major cinematografiche.
“Ballerina” è una produzione francocanadese, economica, se 30 milioni di euro si possono definire pochi: lo ha realizzato lo studio L’Atelier Animation di Montreal. Diretto da Eric Summer ed Eric Warin: il primo un veterano regista dei film con attori in carne ed ossa.
È ambientato in Francia nel 1889. Protagonisti sono Félicie che sogna di diventare una ballerina di danza classica, orfana, rinchiusa in un orfanotrofio di provincia assieme al suo compagno di disavventure Victor, aspirante inventore molto imbranato ma intelligentissimo.
Félicie sogna di poter essere ammessa alla scuola di danza di Parigi dell’Opera ma è povera, ha talento ma poca grazia nel ballare. Ci penserà l’ex ballerina, ora donna delle pulizie, Odette ad aiutarla e a farle da tutrice: e a tal proposito ho trovato freddo e inespressivo il suo doppiaggio italiano di Eleonora Abbagnato; si poteva scegliere meglio.
Sono cosciente dei non perfetti tempi tecnici dell’animazione ma ho trovato stupefacenti i particolari della Parigi notturna come dei monumenti e dell’interno dell’Opera.
Ben scritta la sceneggiatura: priva dell’onnipresente mortificazione narrativa costantemente avvelenata dalle forzate gag comiche e dalla melensità gratuita.
Ricordo che uno dei libri più letti dopo la sacra Bibbia, Il Piccolo Principe, dovrebbe insegnare ai sordi e ai ciechi che “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
E allora, in mezzo a tutti questi “bla bla bla” di cui è piena la vita di ogni giorno, traiamo insegnamento da ciò che afferma uno dei protagonisti del film, l’insegnante di danza all’Opera: “prendi il tuo dolore e i tuoi sentimenti e falli diventare danza”.
E aggiungo, mi si perdoni, che anche in Italia dovrebbero produrre film del genere. Il cinema d’animazione italiano è fermo alla “grazia” dei polpettoni natalizi o dei drammoni depressi.
Abbiate il coraggio di scrivere storie che emozionano anche se gli effetti digitali non sono perfetti e portate quanta più gente che potete al cinema, la vera casa dei sognatori.
Voto: 7
Damiano Landriccia