Rosso Istanbul

11/03/2017

di Ferzan Ozpetek
con: Halit Ergenic, Tuba Buyukustun, Nejat Isler, Mehmet Gunsur, Cigdem Onat, Serra Yilmaz, Zerrin Tekindor

“Le separazioni sono per chi ama con gli occhi, chi ama col cuore non si separa mai”.
Ferzan Ozpetek le separazioni le ha raccontate tante volte, col tono sommesso di una malinconia attutita. E le ha raccontate in un libro, Rosso Istanbul, storia di un ritorno alla sua città come una lunga, accorata, pagina di diario. I ricordi, “queste ombre troppo lunghe del nostro breve corpo” come scriveva Cardarelli, emergevano da appunti sparsi, si affastellavano, dolci e amari, sullo sfondo di una città che cambia e si perde.
Cosa resta di quel libro in un film che reca lo stesso titolo? “Liberamente tratto” dicono i titoli di testa, ed è l’autore stesso a trarlo liberamente dalle proprie pagine. Un lavoro di trasposizione alquanto insolito e verrebbe da pensare che non possa tradire la sua stessa opera. Tuttavia molte sono le differenze e del libro poco rimane oltre alla suggestione del titolo.
Resta Istanbul, bellissima, stupenda, struggente, filmata come raramente lo è stata e come può esserlo solo da chi la sa amare. Una Istanbul che muta, difficile da riconoscere agli occhi di chi vi fa ritorno, cambiata perfino dal primo giorno delle riprese come se il regista ne avesse documentato in diretta gli ultimi sospiri. Una Istanbul dove i palazzi nuovi e l’incessante rumore delle trivelle relegano nell’ombra le case storiche e le ultime ville a bordo baia. Una Istanbul solcata dai vaporetti, come 20 anni fa la attraversavano i protagonisti di Il Bagno Turco, il folgorante film d’esordio di Ozpetek. Perché se questo film è un ritorno a casa, è anche un ritorno a dove quel primo film fu girato, in elegia a una città che già allora era minacciata dall’avanzare indifferente del nuovo. E come in quel film ritorna, a distanza di vent’anni, Mehmet Gunsur, qui nel ruolo di Yusuf, la figura più bella del romanzo.
E’ proprio Yusuf uno dei principali cambiamenti nel passaggio da libro a film. Film che sceglie di eliminare totalmente la seconda storia e di assumere per buona parte una trama mystery con un’improvvisa sparizione, per poi lasciare tutto impalpabile, con gli interrogativi sospesi. Anche il bagaglio autobiografico del protagonista rimane frazionato in due diversi personaggi, il regista che torna a Istanbul e lo scrittore che lo ha invitato. Come se anche l’Ozpetek regista si fosse scisso dall’Ozpetek scrittore e si ritrova, anzi, a commentare se stesso e il gioco di mescolare frammenti di realtà alle pieghe della finzione e trasformarli.
Resta, del libro, la famiglia, le figure che hanno popolato il passato e che tornano in gustosi bozzetti. Con un cast tutto turco in cui riconosciamo l’amatissima Serra Yilmaz, che nella versione italiana si doppia da sé. C’è lo sfondo politico, c’è la nostalgia, ci sono le occasioni mancate. C’è forse troppo, troppa voglia di dire, di cogliere, di mescolare in una metafora che smette di seguire una linea narrativa, e, come i protagonisti della storia, si disperde. Per chiudersi, simbolicamente, con il coraggio dell’attraversamento a nuoto del Bosforo.
“Ho chiuso con ogni tipo di sentimento, nessun affetto, nessun amore” dice Orhan. Ma alla fine accetta la sfida.

Voto: 6,5

Gabriella Aguzzi