Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di fleet street

03/05/2008

di Tim Burton
con: Johnny Depp,Helena Bonham Carter,Alan Rickman

Prendiamoci la libertà di giocare un po’ col tedesco e col titolo originale del film di Rainer Werner Fassbinder Liebe ist kälter als der Tod (L’amore è più freddo della morte): aggiungendo una “d”, otteniamo un maccheronico Liebe ist kälter als der Todd (L’amore è più freddo di Todd); a questo punto i conti non tornano più: impossibile trovare qualcosa o qualcuno più freddo di Sweeney Todd, protagonista dell’ultima opera di Tim Burton ossessionato dal desiderio di vendetta per le ingiustizie subite (un giudice crudele gli aveva portato via la moglie e lo aveva condannato, innocente, a una lunghissima permanenza in carcere). Il personaggio, interpretato da un eccellente Johnny Depp, è accigliato dall’inizio alla fine del film, disinteressato a qualsiasi tipo di rapporto affettivo e spietato assassino che sfoga la propria ira in maniera gratuita a colpi di rasoio (è un barbiere), mietendo vittime in attesa della resa dei conti finale.
Tratta da un musical teatrale, la storia è ambientata in una Londra che sembra uscita dalle pagine di Hard Times (1854) di Charles Dickens, col cielo costantemente invaso dai fumi delle ciminiere. L’atmosfera plumbea e opprimente si riverbera nelle vicende portate sullo schermo dal regista, che, forse per la prima volta, realizza un film poco “burtoniano”, privo dei guizzi a cui ci ha abituati in quasi tutta la sua produzione precedente.
Non manca la fascinazione per gli aspetti più oscuri e macabri della vita, ma qui siamo più dalle parti di La vera storia di Jack lo squartatore (diretto da Albert e Allen Hughes nel 2001); uno spettatore distratto potrebbe pensare a una sorta di sequel in cui, fatti i dovuti distinguo, Depp, smessi i panni dell’ispettore Fred Abberline, abbia indossato quelli del killer per vedere il mondo dalla prospettiva del “cattivo”. Insomma, Sweeney Todd i suoi punti di forza li ha, ma ci saremmo aspettati un’opera diversa; meno “pesante”, con qualche sequenza di più ampio respiro in cui Burton si mostrasse disposto a non prendersi del tutto sul serio come traduttore in immagini di una storia drammatica e cupa all’inverosimile. In compenso ha creato un “gore per famiglie”, utilizzando litri e litri di sangue finto che sprizzano copiosamente dalle gole delle vittime senza che siano visibili le lacerazioni causate dal rasoio del barbiere. Basta poco, a volte, per essere originali.

Voto: 7

Andrea Salacone

Sono sostanzialmente d'accordo col mio collega e la sua disamina estetica, ma ci sono due punti della sua recensione sui quali dissento. Quando sostiene che è un film poco burtoniano, e che non ha momenti di leggerezza. A mio parere – condiviso da diverse persone all'uscita del cinema – è invece un film burtoniano al 100%, tanto che se dovessi suggerire un titolo a qualcuno che non ha mai visto un suo film, gli indicherei questo come summa di tutto il suo cinema. Non solo perché ricco di autocitazioni (da Depp con le mani che terminano con delle lame, alla sua immagine – nel sogno di mrs. Lovett – identica a quella di Beetlejuice) e interpretato dai suoi attori feticcio, ma anche per la messinscena stilizzata, quasi fumettistica; per i suoi personaggi freaks (splendida mrs. Lovett! E la Bonham Carter è la sua interprete perfetta) e attanagliati da sogni-ossessione; per il suo trattare temi drammatici col tono della commedia; per quello che Salacone definisce “gore per famiglie”, un gusto macabro e granguignolesco talmente eccessivo da risultare asettico e divertente (i cadaveri gettati nella botola che diventano quasi un balletto). E qui veniamo alla leggerezza. Spesso si ride: per le morti, per il personaggio del barbiere Pirelli, per il viscido messo Timothy Spall, per la straordinaria scena “in riva al mare”.

Se alla fine dunque resta un senso di insolita cupezza non è per via del cielo plumbeo che “vira” il film quasi in bianco e nero, ma per la tragedia in cui la storia sfocia: comincia come un Conte di Montecristo, si evolve in film di vendetta “alla coreana”, e arriva ad un improvviso epilogo inondato (letteralmente) di sangue, come un testo tardo elisabettiano.

Del resto già gli splendidi titoli di testa riassumono il tono del film: una grigia pioggia cade su Londra, poi tra quelle gocce se ne aggiungono alcune di sangue, e alla fine è solo sangue a colare e riempire lo schermo. Ma chi ha mai detto che Tim Burton non è un regista dark?

Voto: 7

Elena Aguzzi