Blade Runner 2049

05/10/2017

di Denis Villeneuve
con: Ryan Gosling, Harrison Ford, Ana de Armas, Sylvia Hoeks, Robin Wright, Mackenzie Davis, Carla Juri, Lennie James, Dave Bautista, Jared Leto

Se Blade Runner, il film di fantascienza più cult di tutti i tempi, proiettava l’immagine di una metropoli degradata e nera, perennemente battuta dalla pioggia e intrisa di buio, Blade Runner 2049, a 35 anni di distanza dall’uscita di quel capolavoro e ambientato 30 anni oltre nel futuro, mostra un universo ancora più asettico e desolato, un deserto dove gli alberi sono un ricordo perduto e le città immense discariche, dove si ergono labirinti metallici senza colore e senza vita, un pianeta spopolato dove nuovi “lavori in pelle” ubbidienti vagano, cacciatori solitari, alla ricerca degli ultimi androidi da ritirare. O forse di un miracolo.
Un black out ha cancellato le memorie su hard disk e, paradossalmente, sono sopravvissute quelle cartacee, il futuro di Blade Runner è, per molte immagini, un ritorno al passato, precedente quel 2019 al quale ora non siamo più lontani. Alberghi rétro abbandonati in un tripudio di polverose colonne dove canta, nel vuoto, l’ologramma di Elvis e dove ci si può rifugiare e nascondere per anni: sono soprattutto le invenzioni scenografiche a stupire e levare il respiro in un’estasi visiva di 152 minuti.
Potremmo affermare che la fotografia di Roger Deakins e le scenografie Dennis Gassner  siano le carte vincenti del film di Denis Villeneuve, sicuramente imperdibile (non fosse che per soddisfare curiosità e lunga attesa) e tra i migliori dell’anno ma non destinato all’immortalità del suo predecessore, ed hanno la meglio sulla sceneggiatura di Hampton Fancher e Michael Green, spesso contorta e dispersa in lungaggini, che troppo accumula affastellando colpi di scena. Della trama nulla diremo per rispetto dello spettatore e della richiesta espressa dal regista, ma l’intuizione del pubblico a volte arriva prima dello snodarsi della storia.
Eppure c’è qualcosa di più, Blade Runner 2049 non resta solo una gioia per gli occhi. C’è una dolorosa, diffusa sensazione di solitudine che si trasmette fin sotto la pelle, un anelito deluso di umanità che sembra gridare. La figura di K, senza un nome e senza un’anima, costruito per seguire gli ordini, è degna del miglior noir, si aggiunge a quei poliziotti caparbi che vogliono andare in fondo alle cose, contro tutti, ed agire di testa loro, e concedersi un sogno.
Ryan Gosling, trincerato nel suo isolamento, regala un eroe simile a quello a cui aveva dato vita in Drive. Ci sono momenti memorabili nel film di Villeneuve: l’apparizione di Deckard che ci fa sussultare come quella di Han Solo, la neve che si posa a bagnare la mano di K nello struggente finale. E allora si può sorvolare sulle imperfezioni e sui momenti di noia per quel qualcosa di più profondo e disperato che avvince e infine va a toccare qualche corda segreta.

Voto: 8

Gabriella Aguzzi