Veleni

28/10/2017

di Nadia Baldi
con: Franca Abategiovanni, Vincenzo Amato, Lello Arena, Tosca D'Aquino, Laura De Marchi, Giulio Forges Davanzati, Roberto Herlitzka, Gea Martire

Come vestono le streghe? Prada, a volte. Più spesso però indossano abiti borghesi e si inebriano delle essenze del bon ton etico e sociale. Si mimetizzano, cioè, dietro facciate insospettabili, dove i ruderi e le rovine della vita li si scorge solo dopo aver oltrepassato il portone d’ingresso, nei sancta sanctorum delle alcove e dei boudoir, dove si concepiscono gravidanze clandestine e figli illegittimi, nascoste negli amori indicibili e inconfessabili. E basta un solo sporadico tocco, a volte, per creare dal nulla, da un semplice invaghimento fuggitivo, una ragazza madre, una sorellastra o fratellastro da dislocare in casali sperduti o in case di campagna, affidati alle cure di poveri contadini. Invece, capita che “quelle altre”, le cultrici degli alambicchi e dei filtri d’amore, le adoratrici del sesso libero e sfrenato siano soltanto macchie colorate di folklore, dalle vesti sgargianti e dai corsetti che rigonfiano seni ormai stanchi, per gli anni già vissuti e le manipolazioni tollerate. Il film “Veleni” della regista Nadia Baldi, che firma anche una esilarante e coinvolgente pièce teatrale, “Ferdinando”, attualmente in scena al Piccolo Eliseo di Roma, parla di due coppie di streghe reali e apparenti laddove queste ultime sono finte assassine, mentre le prime sono quelle autentiche.

Due uomini si contengono tutto questo ben di dio femmineo: figlio e padre. Quest’ultimo, benestante possidente di provincia, psichiatra di incerta fama, amico di Jung e grande sciupafemmine, che ha avuto un figlio da un’eccentrica signora sudamericana, e che gode oltre delle grazie della moglie anche di quelle della sorella di lei, chiamata a vivere a palazzo. Il film inizia con i funerali e la sepoltura sofferta del medico da parte del figlio, professore di lettere in un seminario di gesuiti diretto da un burbero rettore (un bravissimo Herlitzka), al quale è stato “conferito” da bambino, come si farebbe con un pacco postale, per dare modo a suo padre di rimanere libero di godersi la vita con le donne di casa, e non solo, durante le loro frequenti assenze.

Corona l’ensemble un autentico folletto, Lello Arena, musico girovago che trascina per le strade della contea e per le anguste vie cittadine un piccolo chariot, su cui è sistemato un grammofono a tromba d'epoca, con le puntine di acciaio e dischi in vinile di musica classica e lirica. Dietro compenso, in funzione delle diverse situazioni, l'omino appare sempre gioviale e umanissimo per dare voce alla sua musica che, invano all'apparenza, suona gratis per la cameriera non bella e stagionata della casa (una bravissima Franca Abategiovanni, vera maitresse del gineceo), di cui però l'ambulante è follemente innamorato e dalla quale riceve, calati da un canestro di vimini, pane, soppressata e un bicchier di vino. Poi, ci sono i ricevimenti delle streghe strambe, ma innocue, che somministrano le loro pozioni agli sprovveduti ospiti, facendoli cadere in deliri onirici come farebbero le vestali dei festini pagani. E, infine, un maestro alchimista (il farmacista del paese) che conosce tutti i segreti del defunto e sa accedere ai suoi archivi riservati. Finisce a sorpresa con un funerale doppio.

Voto: 6

Maurizio Bonanni