The Departed

16/05/2008

di Martin Scorsese
con: Leonardo Di Caprio,Matt damon,Jack Nicholson

Nella Boston di “qualche anno fa” c’è un malvagio a tutto tondo che tiene in sacco polizia, FBI e altri criminali grazie alla violenza, al denaro e a una rete di infiltrati. I suoi occhi cadono su un ragazzino che, crescendo, diventerà un detective di punta delle squadre speciali e,di conseguenza, il suo braccio destro. Ciò che non sa è che c’è una talpa anche tra i suoi uomini, un giovane violento dalla famiglia già compromessa con l’illegalità, ma che per questo la polizia ha scelto di mettergli alle costole. La situazione precipita quando, contemporaneamente, i criminali e le forze dell’ordine, si mettono a sospettare la presenza di infiltrati: in particolare, il giovane criminale dovrà proprio “indagare” su se stesso....
Alla base del film c’è uno strepitoso “cult” di Hong Kong, Infernal Affairs, di cui Scorsese riprende non solo la trama, ma anche le scene, i caratteri, i personaggi di contorno, persino le scenografie e alcune inquadrature, variando solo con l’inserimento del personaggio interpretato da Mark Whalberg, che contribuisce a rendere il finale meno amaro ma anche meno cinico, e con la maggiore sottolineatura del vilain, un Nicholson come al solito sopra le righe.
Nonostante, dunque, Scorsese non si inventi nulla, ciò che fa lo fa, come più o meno al solito, assai bene: il genere gangster gli dona. Sceneggiatura impeccabile, gran cast, ritmo...Nulla di sbagliato. Però il collettivo urlare al capolavoro ci pare quanto meno esagerato. Fosse anche tutta farina del suo sacco, in fondo non è altro che un ottimo film di genere, non qualcosa da storia del cinema (come lui stesso ha fatto): più dalle parti di Casino, per intenderci, che di Quei bravi ragazzi o Mean Streets. In fondo la faccenda degli infiltrati, della confusione tra bene e male (ma a noi sembra che tale confusione proprio non ci sia, nella realtà così come nel film: i cattivi appaiono sempre come stronzi e i buoni appunto come buoni), è vecchia, né Scorsese si inventa uno stile nuovo per raccontarla, “limitandosi” a un impeccabile uso di cinepresa e di montaggio e a un’orchestrazione abile dei vari personaggi e movimenti. Anzi, a voler essere carogne, possiamo dire che dove si fa prendere la mano e si allontana dal modello originale (c’è anche più spazio, ad esempio, al personaggio femminile) è dove il film scricchiola maggiormente...
Le location sono comunque perfette, e il cast, come si accennava, di tutto rispetto, ognuno abile a fare ciò che gli si chiede: Leo di Caprio il nevrotico in crisi di identità, Matt Damon il diavolo con la faccia d’angelo (e un bel po’ di paura addosso ben celata), Martin Sheen il “padre” affidabile, Mark Whalberg il duro, Alec Baldwin il burocrate ingenuo e Jack Nicholson l’insopportabile gigione ultra carogna. La ragazza invece, di cui infatti non ricordiamo neppure il nome, è un po’ scialba, e compensa la pesante performance dell’ex grande Nicholson.

Voto: 7

Elena Aguzzi

Per recensire un film come The Departed si devono affrontare argomenti che col film in sé hanno poco a che vedere. Perché è necessario partire dal presupposto che recensire un film oggigiorno equivale a recensirli tutti, o a non recensirne alcuno. Goffredo Fofi, che come al solito ha il coraggio di affondare laddove altri glissano, ha espresso un concetto su cui da tempo i pochi che cercano di battersi contro i mulini a vento si arrovellano senza peraltro trovare molti disposti ad ascoltarli. “La critica (di una volta, n.d.a.) era una critica di questo snobismo un po’ idiota, piccolo borghese un po’ idiota. Oggi s’è rovesciata nel suo contrario. Cioè oggi tutto è bello, per cui se tu osi dire che Benigni non è un genio, è lesa maestà, che cazzo hai mai detto, hai insultato il Papa.” Per fare un esempio concreto, sul Corriere della Sera la maggior parte dei film ha tre, quattro o, come nel caso di Scorsese, addirittura cinque stelle. Cinque stelle significa che il film è “da non perdere”, quattro che è “molto bello”, tre che è “interessante”. Il che tradotto significherebbe che il novanta per cento dei film presenti nelle sale in questi giorni è come minimo interessante. Cosa che ha dell’incredibile. La sensazione, sicuramente sbagliata, è che i giudizi vengano messi con lo stampino, senza vedere realmente i film o quantomeno senza usare un metro di giudizio che abbia una prospettiva storico/cinematografica credibile (ma i testi su cui studiano i critici dei giorni nostri sono gli stessi su cui studiavano i critici degli anni Settanta?) o anche del semplice buon senso. Se dai cinque stelle a The Departed, quante ne avrebbero meritate Citizen Kane, o Roma città aperta? O forse l’ultimo Scorsese è meglio di Ombre rosse o di Otto e mezzo che tanto per dire sul Mereghetti (critico del Corriere) hanno quattro stelle, il massimo cioè previsto (anche questa non-sincronia tra i quotidiani e i vari dizionari getta qualche ombra sulla critica)? Non vogliamo arrivare a infondere in chi legge il sospetto che gli uffici stampa delle grosse case di produzione si adoperino diciamo così per ottenere dei giudizi positivi, o nel caso del cinema italiano, che l’amico critico aiuti l’amico regista, ma certo si rimane come minimo basiti di fronte a certi entusiasmi, a un così grande spreco di punti esclamativi, soprattutto se tanta raggiante ammirazione si scontra con la dubbiosa freddezza di chi scrive, che di capolavori in giro ne vede ben pochi e che quattro stelle le darebbe giusto a Ioseliani (ma senza sperticarsi in elogi, anche il regista georgiano ha fatto di meglio) e finisce lì. Di sicuro non a Tornatore, né a Crialese e nemmeno a Frears, che hanno fatto dei buoni o discreti film, niente di clamoroso. E arriviamo al punto, cioè a The Departed. Il flano sui giornali riporta frasi talmente esagerate che non può non scatenare in qualcuno il timore che siano costruite ad arte. Ammettiamo di aver storto il naso di fronte a tutti i film girati da Scorsese dopo Fuori orario (con punte di cinema insopportabilmente furbo nell’urlato Casinò e nel sommesso Kundun e con qualcosa di meglio in L’età dell’innocenza e Al di là della vita) e di considerare lo Scorsese degli ultimi vent’anni un regista sopravvalutato. Ma anche se ammettiamo di non riuscire nemmeno lontanamente a paragonarlo a Kubrick o Fellini o Hitchcock, il punto non è tanto il film di Scorsese (la cui opera completa è sicuramente di grande importanza nella storia del cinema) quanto la mancanza di coerenza critica che si riscontra ad esempio nel leggere le recensioni di The Departed rispetto a quelle tiepide scritte ai tempi di Casinò, che genera qualche sospetto poiché non sembra di vedere una grande differenza tra i due film. Non c’è dunque bisogno di essere un minimo scettici di fronte al cinema di Scorsese (e aggiungiamo, in un ulteriore soprassalto di onestà, di fronte ai film sulla mafia italo-americana e derivati vari, da Il padrino a Gli intoccabili a C’era una volta in America eccetera) per rimanere allibiti di fronte a frasi tipo “cinema monumentale”, o “miracolo di equilibrio e arte cinematografica” o peggio ancora “il film più bello di Scorsese”. Sfiderei chi ha scritto questo a ripetere sulla Bibbia che secondo lui The Departed è meglio di Mean Streets, Taxi Driver o Fuori orario (che restano a mio parere i titoli di punta del regista, perché piuttosto lontani dalla megalomania gangsteristica auto-referenziale che ormai lo contraddistingue). E trovo che un po’ di moderazione nei giudizi, anche per una forma di rispetto nei confronti di molti registi del passato che certe recensioni e tante stellette nemmeno se le sognavano, sarebbe auspicabile. Concludo quindi scrivendo che The departed è un film sicuramente interessante ma opinabile nell’assunto (ancora il bene e il male che si confondono, siamo sicuri che siano poi tanto simili?) e nel materiale usato, con alcune sequenze certo di grande qualità e tensione (ma ce ne sono anche in Black Dalia e Miami Vice, che tuttavia non hanno ottenuto recensioni altrettanto entusiastiche), ma con più professionismo che ispirazione, e con una buona dose di furbizia (anche nella scelta degli interpreti) che forse servirà per vincere qualche statuetta, ma non certo per sostituire nella nostra memoria lo Scorsese che fu e che ormai da tempo non riusciamo più a ritrovare.

Voto: 7

Roberto Frini