Prima premessa. Quando il cinema italiano non riesce ad esprimere nulla di valido ci si attacca alla scusa che la colpa è dei produttori e dei distributori. Ora, se di quando in quando effettivamente avviene che la distribuzione latita, e a discapito spesso delle opere più interessanti (si pensi ad esempio a "Piano 17", che se fosse stato firmato da Spike Lee anziché dai Manetti Brothers si sarebbe gridato al capolavoro, e invece quasi nessuno ha visto), va anche detto che per mesi le sale sono state letteralmente monopolizzate da film italiani, quali "Manuale d'amore 2", "3 metri sopra il cielo 2", "Notte prima degli esami 2"...Perciò quando Quentin Tarantino ha denunciato la nostra mancanza di idee, stile e coraggio definendo il nostro cinema "deprimente e monotono: ragazzi in crescita, coppie in crisi, vacanze per decerebrati..." lo avrei baciato. Non così avrebbero fatto altri critici e cineasti nostrani, che, da proni e osannanti fino a ieri il buon Quentin qualunque idiozia facesse, ora gli si sono avventati contro con un livore che rischia di rendere poco attendibili le recensioni al suo ultimo film.
Seconda premessa. "Grindhouse" è, a partire dal titolo, un omaggio a quegli spettacoli in cui pagavi uno e vedevi due. Qualche fortunato cinefilo ricorderà un simile e delizioso "doppio spettacolo" firmato da Stanley Donen, "Il boxeur e la ballerina". Così oggi, negli Stati Uniti, uno compra un biglietto e prima vede "Planet Terror" di Robert Rodriguez, poi anziché uscire ammira una serie di finti trailer in stile, e quindi inizia "Death Proof". Invece i distributoi europei, avidi di incassi, hanno vanificato il tutto distribuendo i film separatamente (e per di più nemmeno contemporaneamente: così se dei personaggi di Rodriguez fanno capolino nel film di Tarantino nessuno se ne può accorgere) e gettando via, tra l'altro, i trailer, che sono la cosa migliore.
Detto tutto questo, veniamo finalmente al film. Che per un'ora, alquanto verbosa anche se i dialoghi sono spesso brillanti, ci presenta delle ragazzine texane in un bar, che incontrano un vecchio stuntman (un grandioso Kurt Russell che da solo vale il biglietto). Dopo una rapida e improvvisa esplosione di violenza e un intermezzo comico che fan ben sperare (anche se più che definire uno stile c'è il fiero sospetto che Tarantino stia cadendo nel "tarantinismo"....), il film , doppio spettacolo all'interno dello stesso spettacolo, prosegue con altre ragazze che ancora una volta parlano, parlano, e ancora una volta sono pedinate dal nostro. Solo che queste sono delle tipe toste e fanatiche dei motori e ingaggiano con lui un lungo inseguimento in automobile su una strepitosa Dodge Challenger del '70.
La chiave di tutto il film è lei: un mito per chi ha visto "Punto zero" quanto lo è l'Aurelia Sport per chi ha visto "Il sorpasso". Infatti tra citazioni continue più o meno esplicite ( e autoreferenziali: si veda l'auto dipinta come la tutina della Thurman in Kill Bill) e una godibilissima "operazione vintage" che tende a replicare i film degli anni '70 non solo nei colori e nello stile, ma anche nei graffi sulla pellicola e i piccoli sbalzi nella proiezione, "Grindhouse" si rivela essere quello che è praticamente tutto il cinema di Tarantino: un omaggio alle pellicole del cuore del regista. Se siete cinefili incalliti pronti a riconoscere oggetti, nomi, suoni e inquadrature e dei fanatici degli stessi generi a lui cari (poliziottesco, pulp, exploitation, kung fu, inseguimenti d'auto...) allora godrete come ricci, divertendovi anche nei momenti più fiacchi. Ma se tutto ciò non vi interessa, non comprendete lo humor nero e non avete visto un solo film di quel periodo, allora il film vi sembrerà solo indicibilmente noioso e privo di senso.
Senso che comunque invece c'è anche al di là dell' "operazione nostalgia", ed è racchiuso nell'ossessione e nel feticismo, di Stuntman Mike quanto di Quentin Tarantino: gambe e sederi, come cofani e cerchioni, sono inquadrati insistentemente; sesso, morte, vendetta, persecuzione sono i temi portanti di questo come dei precedenti film. Poi blocchi l'immagine sul colpo di kung fu e si torna a sorridere.
Voto: 7
Elena Aguzzi
Senza ombra di dubbio e’ stato l’evento della 60’ edizione del Festival del film di Locarno, proiettato in una gremita piazza Grande piena come un uovo com’è consuetudine per le grandi occasioni. Naturalmente sto parlando del nuovo capolavoro del regista di Sin City e di C’era una volta in Messico, Robert Rodriguez. E’ un capolavoro perché rinverdisce e rivitalizza il genere Zombie-Movie e l’horror in generale. Definire un capolavoro Planet Terror non è assolutamente azzardato poiché traccia indelebilmente in un genere che sembrava ormai agli ultimi sgoccioli, capolavoro vuol dire aprire una nuova strada da percorrere per i film futuri…La trama è molto semplice e si svolge tutto in una notte di deliri e sangue a causa di un’epidemia causata da un esperimento genetico dell’esercito americano…Facendo il turno di notte in ospedale, una coppia di medici in crisi coniugale irreversibile e sul punto di una crisi di nervi omicida, si ritrova invasa da una folla in preda al panico colpita da un virus ignoto, che porta in breve tempo al deterioramento del corpo e della mente. Tra questi anche Cherry, ballerina di un locale notturno in crisi esistenziale che ha perduto la gamba dopo aver subito un’aggressione dagli infetti, interpretata splendidamente e con grinta da Rose McGowan: da mozzare il fiato. In fuga con Cherry vi è un nugolo d’improvvisati e bizzarri guerrieri che sembrano usciti da una sceneggiatura di John Carpenter che cercano di liberare la piccola cittadina dalla terribile epidemia che si sta generando a macchia d’olio ormai...La sceneggiatura di Robert Rodriguez è pregna di colpi di scena assolutamente geniali, per esempio la gamba-mitragliatrice della protagonista oppure le entrate in scena dei cattivissimi Bruce Willis e dell’attore e regista Quentin Tarantino sono assolutamente da standing ovation a scena aperta…Senza ombra di dubbio le loro presenze illuminano ed arricchiscono l’opera di Rodriguez donandogli un valore aggiunto.
La bellezza e l’estremo interesse di questo film consiste nel rielaborare stili ed atmosfere da science-fiction con forti venature horror anni ’70-80, per intenderci il cinema di George Romero e John Carpenter, stiamo parlando di quando i produttori, distributori e registi concepivano il genere horror come atto d’accusa verso la società americana consumistica e senza particolari valori morali o etici al contrario di quanto accade oggi che gli horror-movie son concepiti e destinati per un pubblico non troppo colto e dai gusti un po’ adolescenziali, uno dei tanti pregi di Planet Terror è che rispetta il pubblico cresciuto con i veri film horror dei vari Carpenter, Romero e del nostro mitico Dario Argento se permettete…
A proposito del cinema di carpenteriana memoria non è un puro che il personaggio del medico psicopatico impazzito di gelosia per aver scoperto inequivocabilmente la bisessualità della moglie, il quale è interpretato da un allucinato ed assolutamente memorabile Josh Brolin sembra una versione giovane ed incarognita Kurt Russell de La Cosa o Grosso guaio a Chinatown.
Perdere Grindhouse – Planet Terror è un vero peccato: è un’autentica boccata d’ossigeno cinefilo come lo è stato d’altronde Grindhouse – Death Proof di Quentin Tarantino nella speranza (ahimè probabilmente vana) di poter vedere la versione integrale del progetto targato Quentin Tarantino e Robert Rodriguez…In pratica in principio Planet Terror e Death Proof erano concepiti in un unico film intervallati da finti trailer di altrettanto finti film…Un’operazione assolutamente geniale di due geni cinematografici, questo è il tipo di cinema che amiamo…Imperdibile!
Voto: 8
Ettore Calvello