A casa tutti bene
16/02/2018
di Gabriele Muccino
con: Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Ivano Marescotti, Stefania Sandrelli, Gianmarco Tognazzi
Dopo 12 anni di vita e lavoro in quel di Los Angeles, Gabriele Muccino torna a casa. Per il suo saluto di ritorno ci offre, guarda caso, proprio un film sulla famiglia e su una casa, intesa come porto sicuro, ma anche come luogo di reclusione, dal quale tutti vorrebbero prima o poi liberarsi, ma, inevitabilmente si ritrovano sempre lì al chiodo a ingoiare bocconi amari.
Un gruppo familiare riunito in occasione della festa delle nozze d’oro degli anziani genitori è costretto infatti passare la notte su un’isola vicino a Ischia per un’improvvisa mareggiata che blocca l’arrivo dei traghetti e costringe i presenti a rimandare il rientro in serata.
Sistemati con mezzi di fortuna, qualcuno nella grande villa del ricevimento, qualcun altro in albergo, figli, fratelli, cugini, ex mogli, lontani parenti che non si ritrovano più insieme da tanti anni sono costretti loro malgrado a fare i conti con se stessi, con il loro passato e presente.
Va da sé che la condizione avversa e imprevista che ferma in qualche modo il fluire del tempo, che offre l’unica possibilità di riposizionare e di mettere in discussioni ruoli familiari e amicali è già di per sé l’amara conseguenza dell’incomunicabilità quotidiana.
Il titolo di questo film è chiaramente sarcastico, come del resto rispecchia situazioni che sono ormai diventati luoghi comuni sia in Muccino in particolare, che nella commedia italiana (e televisiva) in generale.
La famiglia del Mulino Bianco non esiste, l’ipocrisia di facciata è il costume familiare più comune, agli artisti il merito di togliere il velo.
La lezione ormai l’abbiamo imparata e straimparata, ma Muccino torna tenacemente dopo anni a farci ripetizioni in materia, quasi ci fossimo dimenticati di lui.
A casa tutti bene è l’ideale continuazione, com’è stato da più fonti ripetuto, di L’ultimo bacio, Ricordati di me, Baciami ancora. Soggetto slegato dagli altri tre, ma decisamente affine per messaggio, topoi e drammaturgia.
Un soggetto scritto dallo stesso Muccino che riecheggia, tra l’altro, vecchi canovacci della commedia corale, come Compagni di scuola di Verdone.
Ciò che più interessa a Muccino, però, è scardinare le ritualità convenzionali di famiglia, ribadire la contraddizione dolorosa tra il dovere del sacrificio e il sacro furore della libertà, ritrarre come di consueto rapporti di coppia che si vampirizzano nella loro ossessione vessatoria senza aver capito nulla dalla vita.
In questo film Muccino lavora bene col cast, movimentando bene la vicenda, anche se si fa fatica a carburare nei primi dieci minuti, ci vorrebbe un albero genealogico alla mano per orientare lo spettatore, che finisce per perdersi di fronte a troppe strette di mano e gradi di parentela poco chiari.
Poi nello svolgersi comprendiamo che siamo alla fine di fronte alla solita minestra riscaldata “alla Muccino” e ne apprezziamo però lo sforzo degli attori, qui fin troppo sprecati al servizio di una recitazione come al solito molto nervosa e iperbolica.
Si distinguono molto bene il triangolo Favino-Crescentini-Solarini, marito-moglie-ex moglie, al centro di gelosie e ripicche nelle quali sono coinvolti anche i figli, Sabrina Impacciatore, qui collaboratrice anche alla sceneggiatura, romantica, energica, dinamica, quella che ha organizzato con cura i festeggiamenti, miope angelo del focolare, desiderosa di preservare un’idea di coppia ormai purtroppo scoppiata;
ritroviamo Stefano Accorsi nuovamente nella parte dell’indeciso, figliol prodigo travolto da una bravata erotica al riparo da occhi indiscreti. La sua partner questa volta è Elena Cucci, lontana parente, e la tecnica di abbordaggio avviene secondo le stesse modalità de L’ultimo bacio: isolamento dal gruppo e passeggiata nella natura.
Gian Marco Tognazzi, invece, è un cugino con problemi economici e consorte incinta, che tenta invano una impietosa richiesta di raccomandazione familiare. Le sue suonate al pianoforte di Cocciante sono forse l’unico modo di riunire la famiglia intorno a un immaginario collettivo e all’ Olimpo di un passato sbiadito che non ritornerà mai più. La frustrazione e la rabbia sapientemente addomesticata dagli ipocriti canti felici scoppia poi attraverso le scenate melodrammatiche.
Insomma nulla di nuovo sotto il sole. Abile nell’incastrare gli eventi, Muccino, tuttavia, non sembra valorizzare granché attori di tutto rispetto che sembrano rimanere sullo sfondo: Massimo Ghini, Ivano Marescotti, Sandra Milo, Stefania Sandrelli.
Ma il capitale umano impiegato non è sufficiente tuttavia a riempire dei vuoti creativi e l’assenza di veri slanci di stupore (le risse sono nell’aria, ce le aspettiamo).
Voto: 6
Carlo Lock