Robin Hood – L’Origine della Leggenda
22/11/2018
di Otto Bathurst
con: Taron Egerton, Jamie Dornan, Eve Hewson, Ben Mendelson, Jamie Foxx
Ha avuto il volto di Douglas Fairbanks, Errol Flynn, Sean Connery, Kevin Costner, Russell Crowe e la sua leggenda il Cinema ce l’ha raccontata decine e decine di volte. Se dunque si voleva riportare sullo schermo Robin Hood bisognava inventarsi qualcosa di nuovo. Ci prova Otto Buthurst inventandosi un Robin Hood moderno e soprattutto molto molto action. Mette da parte tutta l’iconografia nota e anche gran parte di ciò che si è raccontato e parte annunciando “voi pensate di conoscere Robin Hood, ma non è così e questa è la sua storia”. Quindi non solo sono molte le libertà che si prende sul personaggio e sul mito, ma lo trascina in un ritmo frenetico e accelerato, con acrobazie da wuxia, imprese spionistiche e prodezze da supereroe. Little John è un moro, ex nemico combattuto durante la Crociata ed ora divenuto suo mentore che lo addestra alla rivolta e alla vendetta, Lady Marian un’accesa rivoluzionaria e Robin stesso una specie di Zorro che mostra il doppio volto dello sciocco Loxley amico dei potenti e quello eroico e ignoto del giustiziere mascherato. Ma l’innovazione principale Otto Buthurst vuol darla con lo stile, un mix concitato di generi e scene rocambolesche, con tinte quasi da fumetto, dove, in particolare nella creazione dei costumi, il Medio Evo si fonde all’oggi. Così la battaglia durante le Crociate ha tutto il sembiante di un agguato durante la guerra in Iraq, con cecchini armati di balestre appostati tra le rovine, il malvagio sceriffo di Nottingham veste il solito cappotto in stile nazi e l’armatura di Robin Hood è un giubbotto trapuntato blu navy con cappuccio.
L’intento è riuscito a metà. Certo non mancano le suggestioni visive, ma il tutto sa di forzatura e di già visto, il che è la cosa peggiore per chi compie lo sforzo di non ripetere nulla. Il grande party a cui Robin Hood si infiltra fa tanto festa di Baz Luhrmann, anzi il tutto suona come un’imitazione di Luhrmann, scopiazzando un po’ in giro da Guy Ritchie, dal Riccardo III di Loncraine e perfino da molte regie teatrali. Ma almeno sul piano visivo il film si salva, appassiona, diverte, mentre su quello narrativo le spinte risultano faticose e alcune falle si aprono. Sicuro di sé il regista lascia aperte le porte al sequel, con la salita al potere di un nuovo sceriffo di Nottingham da combattere.
Taron Egerton si distingue soprattutto nelle scene d’azione e il suo contributo è principalmente atletico, convince ben poco la scelta di Eve Hewson come Lady Marian e Jamie Foxx è un Little John tutto sui generis, che non manca anche di qualche tocco umoristico e prende su di sé parte del personaggio interpretato da Morgan Freeman in Robin Hood Principe dei Ladri (dunque neppure qui si spicca per originalità).
Per noi il miglior Robin Hood di tutti i tempi rimane il film d’animazione della Disney del ’73. Nessun altro Robin Hood potrà batterlo.
Voto: 6
Gabriella Aguzzi