Miracolo a Sant'Anna

09/10/2008

di Spike Lee
con: Pierfrancesco Favino, Valentina Cervi

Povero Spike Lee, dopo più di 20 film la critica lo vorrebbe ancora imbalsamare nel cliché di “Fa la cosa giusta”. Di tutte le critiche assurde che sono piovute addosso al suo ultimo lavoro, la medaglia d'oro va assegnata a “non ha il suo stile”. Quale stile, di grazia? Quello di “Malcolm X” o quello di “La 25 esima ora”? Quello di “Summer of Sam” o di “Inside man”?. Spike Lee invece, intelligentemente, non impone uno stile alla materia narrata, ma cambia a seconda dell'argomento. Essendo il suo primo film di guerra, ha uno stile mai visto nei suoi film precedenti. Avesse usato il ritmo del ghetto per narrare una vicenda ambientata nel '44, allora sì che avrebbe fatto una vera schifezza.
Medaglia d'argento, quella di essere revisionista. A parte il fatto che, se lo fosse, non sarebbe poi questo gran peccato (e questo con buona pace dei partigiani, che non fossero tutti stinchi di santo lo sanno anche loro, ma guai a dirlo in pubblico...), il film è talmente poco revisionista che il regista newyorkese ha creduto che le polemiche attorno al suo film fossero di parte fascista, offesi perché ha dato dei tedeschi un ritratto spaventoso! L'unico revisonismo che interessa a Lee non riguarda certo la storia italiana, ma quella americana, e cioè la presenza nell'esercito di truppe di colore, usate dapprima solo per lavare i piatti e infine, grazie all'interessamento di Eleanor Roosvelt che non ha voluto discriminazioni  nel “suo” esercito,  anche come carne da macello.
Medaglia di bronzo, a chi lo giudica troppo dolciastro (“il rapporto tra il soldato tonto e il bambino è di tenerezza, quella che ci vuole per bilanciare le stragi” si difende il regista in un incontro col pubblico milanese), in perfetto contrasto tra chi, altrettanto stupidamente, chiede “un po' di zucchero in più” (“e cosa facevo poi, un film di Walt Disney? E' un film di guerra, mica bisogna uscire ridendo”).
Difeso il film da questi rimproveri, cominciamo a fargli i nostri.
Troppa carne al fuoco, con conseguente mancanza di coesione tra gli elementi. Cosa voleva raccontarci, infine? La storia psicologica di 4 soldati americani isolati in un villaggio toscano, dietro le linee nemiche, e i rapporti tra loro e gli italiani? Oppure raddrizzare appunto la storia raccontando il ruolo dei soldati di colore e l'imbecillità di quelli bianchi? Voleva  infliggerci l'ennesimo sermone contro il razzismo in Louisiana negli anni '40? Voleva svelare degli episodi storici a torto dimenticati, come la strage di soldati sul Serchio o di civili nel villaggio di  Sant'Anna (una scena semplicemente da brivido, che risolleva l'intero film)?  Voleva semplicemente fare una storia di suspense (perché se no l'involucro investigativo col delitto odierno che apre il vaso di Pandora dei ricordi di guerra? Perché il mini-giallo sul traditore?)? Voleva al contrario fare un apologo sui miracoli? La parte più originale e toccante è forse quest'ultima, con la figura del “gigante di cioccolata” che crede nei miracoli, e forse ha pure ragione, e instaura un rapporto semi magico con un bambino che di miracoli sembra essere circondato, se non vero e proprio veicolo: ma a lungo andare questo filo narrativo diviene ripetitivo, quasi ridicolo, e sbraca in un lieto fine semplicemente orrendo, che neppure Spielberg avrebbe osato mettere in una propria pellicola, e che influisce sul giudizio negativo finale.
Inoltre, se la scelta dei volti italiani, soprattutto quelli di contorno, è molto azzeccata, così come il tono un po' rosselliniano dell'insieme (ricordate l'episodio di Paisà del bambino e del soldato nero?), d'altro canto non si sfugge a una serie di stereotipi e cliché quasi imbarazzanti (il negro allupato, il soldatino tedesco buono, il comandate stronzo, i rallenty....) e di strafalcioni storici (“repubblica italiana” nel '44!). Benissimo l'uso delle lingue (afro americano, americano yankee, toscano, tedesco, spagnolo): peccato che la versione doppiata in italiano vanifichi il tutto e renda i dialoghi e le situazioni  semplicemente assurdi!

Voto: 6,5

Elena Aguzzi