Crudelia
12/06/2021
di Craig Gillespie
con: Emma Stone, Emma Thompson, Joel Fry, Paul Walter Hauser, Emily Beecham, Kirby Howell-Baptiste, Mark Strong

Un/un’antagonista è parte fondamentale per la riuscita di un buon film, soprattutto quando si parla di prodotti per l’infanzia. Insegna che il male esiste, che è tra di noi, e che un lato inevitabile della vita è il confronto con esso. Inoltre, i “cattivi” hanno la possibilità di veicolare delle intenzioni. Un personaggio ben scritto provoca inevitabilmente una confusa forma di empatia verso le sue motivazioni e il suo modo di essere. Una buona scrittura lascia spazio all’immedesimazione; il pubblico potrà guardarsi dentro e scoprire un lato inusitato di sé, tanto pericoloso quanto il cattivo di turno, seppur rinnegandone i modi o le idee. Per fare questo, però, è importante avere il coraggio di apparire sfrontati. La Disney ha da tempo abbandonato questa filosofia. L’obiezione secondo cui tali pellicole sarebbero rivolte a un pubblico di giovanissimi non regge. Il mondo è pieno di prodotti per bambini, ma che sono anche capaci di comunicare la crudeltà, quando se ne ha bisogno.
Le pellicole che trattano la vita precedente degli antagonisti dei classici Disney costruiscono in modo eccessivamente vittimista i loro protagonisti. Nella fattispecie di “Crudelia”, ci sembra di assistere a un film di Fantozzi. La protagonista (Emma Stone) subisce ogni sorta di sfortuna e sorpresa avversa, in una Londra a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, di cui la ricostruzione storica sembra a tratti quanto meno discutibile. Il film vorrebbe quindi comunicare l’importanza di sapersi rialzare in seguito a una sconfitta, ma ci mostra un susseguirsi di eventi in cui Crudelia (“Estella”, il suo vero nome, interpretata da Emma Stone) si districa con ruberie e sotterfugi al limite del credibile, sostenuta da due orfani conosciuti in strada, Orazio (Paul Walter Hauser) e Gaspare (Joel Fry), i quali vivono di espedienti. Il problema principale del film è evidentemente questo: tutto quello che viene mostrato manca tremendamente di mordente, mettendo al contempo a durissima prova ogni tipo di sospensione dell’incredulità. A partire, ad esempio, dalla scelta di rappresentare Estella come una bambina i cui capelli sono naturalmente metà bianchi e metà neri. Scelta curiosa, considerando che la ragazza ha l’obiettivo di lavorare nel mondo della moda, fattore che ben si sarebbe prestato a un cambio di pettinatura particolare. Elemento che però è funzionale all’elemento discriminazione sofferto dalla protagonista nell’arco della sua crescita (come se non bastasse il resto).
Estella è una bambina ribelle, che non riesce a rimanere all’interno degli argini impostile dalla società che ha attorno. Sostenuta da una madre amorevole, seppur rimproverata per il caos che provoca, diviene orfana (apparentemente) per la propria incapacità di seguire le direttive della madre. Crescendo, riesce ad entrare nel mondo da lei tanto bramato, ma viene sistematicamente sfruttata o messa da parte, finché la Baronessa (una meravigliosa Emma Thompson, che nel film è la stilista più importante della città) la nota e decide di prenderla con sé, tenendola tuttavia sempre sotto il proprio controllo dispotico à la “Diavolo veste Prada”. Da qui, Estella accumulerà sempre più rabbia e frustrazione. Avrà inoltre varie occasioni per dare prova della sua malvagità, il che avrebbe dato un senso a tutte le vessazioni passate. Tutto il malessere accumulato può divenire interessante, qualora venga esorcizzato con azioni orribili e spaventose. Ma tale occasione viene sistematicamente buttata via. L’unico neo della protagonista si riassume in qualche atteggiamento eccessivamente antipatico nei riguardi dei propri compagni di banda. Per il resto, ogni azione che avrebbe potuto far rabbrividire il pubblico è messa da parte. Si gioca molto sulla duplice essenza della protagonista: a volte “Estella”, normale e amorevole ragazza che tiene ai propri affetti, e “Crudelia”, una sorta di demone che vuole solo spaccare tutto. Ma Crudelia, anche nella sua versione più spietata, arriva solo ad essere una persona molto determinata tendente al “non guardare in faccia a nessuno”. Tutto qui.
Il comparto tecnico, in questo, non aiuta. La colonna sonora è tremendamente didascalica e furbesca. I pezzi che si susseguono fanno parte di un panorama musicale molto conosciuto e condiviso a livello mondiale. Chiunque conoscerà le canzoni che risuoneranno nel corso del film. Inoltre, le canzoni sono tantissime, il comparto musicale è soffocante. Ossessione fastidiosa che si riflette anche nella scelta di utilizzare molto spesso la voce fuori campo di Crudelia che spiega al pubblico cosa sta succedendo. La pomposità di questa operazione viene completata dall’utilizzo oppressivo della grafica computerizzata, la quale non lascia godere molto l’occhio. Non ho notato guizzi memorabili a livello registico, e nella visione sono stato negativamente influenzato dalla sceneggiatura che più volte mi ha fatto dubitare del senso di quello che stesse accadendo sullo schermo.
“Crudelia” è quindi parte di una nuova onda di cattivi cinematografici che non sono realmente cattivi. Al massimo, sono incompresi. Pretende di mostrare un lato ribelle e sfrontato nella semplice esclusione sociale dei personaggi, sempiterne Marta Ajala di turno. Peccato, perché in linea generale la pellicola non cala mai a livello di ritmo. Difficilmente l’attenzione dello spettatore verrà compromessa, e Gillespie (l’autore di “I, Tonya”, per intenderci) si dimostra abile nel girare alcune delle scene più movimentate, dando il giusto risalto alle sequenze più “glam”. Inoltre, essendo un film che tratta (seppur indirettamente) il mondo della moda, mi sento di fare i complimenti per il comparto dei costumi e della resa scenica di vari vestiti. L’aspetto scenografico è notevole, e il contrasto tra la moda aristocratica della Baronessa contro la rivoluzione punk di Crudelia lascia spazio alla messa in scena di due generazioni, due mondi, in contrasto. Non c’è però nessuna immagine “instagrammabile”, e nessuna performance attoriale (Emma Stone rimane eccellente) che possa salvare un progetto privo di ogni grinta o carattere.
Voto: 5
Edoardo Cappelli