
È una storia vera, che lo sceneggiatore J. Michael Straczynski (autore di fumetti per la Marvel e scrittore) usando documenti ufficiali, rapporti giuridici e articoli di giornali dell'epoca, ha ricostruito. Ci riporta a Los Angeles nel 1928: c’è il proibizionismo, la polizia autorizzata dal Sindaco e dal Comandante Davies combatte il crimine usando mezzi molto più deplorevoli della stessa malavita, depista, ha potere di spedire in manicomio chiunque intralci o contesti.
Una donna, Angelina Jolie, senza marito e con un figlio di 9 anni a carico, precipita in un dramma umano e sociale che coinvolgerà un’intera città e lascerà le sue cicatrici indelebili. Le staranno vicini un reverendo, Briegleb (John Malkovich) con le sue prediche e un avvocato.
È un film lungo, più di due ore. È un film elegante, esteta, perfetto: una sinfonia diretta senza eccessi di realismo e narrativi. La colonna sonora di Eastwood è paragonabile ad una carezza, è poggiata qua e là con suonate al piano delicate e dolci.
Angelina Jolie, Christine, è magra, ha un viso scarno con due occhi grandi spalancati, una bocca rosso fuoco, due mani ossute: trema e piange senza esasperazione, portandosi una mano aperta sulle labbra, coprendosi gli occhi; sembra cedere al peso della vita e del suo dramma ma usa le sue ossa e il suo cuore rosso come le grandi labbra per combattere; rivuole suo figlio scomparso, rivuole la sua vita persa assieme al suo bambino perché lei una vita senza di lui non l’ha.
Dalla parte opposta delle sue piccole lacrime di madre, ci sono altre lacrime di altre madri che hanno perso i loro figli, in circostanze simili alla sua. La storia triste e vera è che degli uomini sapevano e dovevano proteggere ma non hanno voluto, guardavano altrove; degli uomini hanno coperto la verità, l’hanno camuffata e resa irriconoscibile. Ancora attuale.
Eastwood ha 78 anni, potrebbe filmare una partita di calcio e farne un grande film; ha la classe e l’amore necessario per il cinema che fa la differenza.
Ma tutto è perfetto, capite? Il dolore non anticipa comportamenti e reazioni, il dolore è come l’acqua che si fa largo dalla fessura più piccola; il dolore e la gioia strabordano, si insinuano e se li contieni in qualsiasi modo puoi riuscire a realizzare un film bello e coinvolgente ma solo un film.
Mi aspettavo (che brutto avanzare aspettative ma lo faccio) che le vite di questo film fossero meno equilibrate e dosate, che il dolore fosse meno spiegato e un po’ più reale; che ogni gesto e sguardo pesasse come un macigno; che il dolore non avesse per ragioni cinematografiche un fine. Nella vita di ogni giorno regna sovrana l’insensatezza e talvolta basterebbe solo mostrarla come Eastwood ha fatto in altri sue pellicole, senza spiegarla e vestirla con l’abito della domenica. Ma probabilmente questo è il mio film.
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Voto: 7
Damiano Landriccia