Maigret

16/09/2022

di Patrice Leconte
con: Gérard Depardieu, Jade Labeste, Mélanie Bernier, Aurore Clément, André Wilms, Hervé Pierre, Clara Antoons, Pierre Moure, Bertrand Poncet

E’ un Maigret solitario e malinconico quello di Patrice Leconte, un Maigret introspettivo e grigio come la fotografia che irradia il film di una luce crepuscolare. Un Maigret dal passo stanco, invecchiato e svogliato di tutto, tranne che del desiderio di mettere in qualche modo le cose a posto, forse anche con le ombre del suo passato, o con almeno una tra tante ragazze perdute che vanno incontro allo stesso doloroso destino.

Sono stati tanti, lo sappiamo, a dare il volto al Commissario Maigret, sul grande e piccolo schermo. Il più iconico e aderente ai romanzi: Jean Gabin. Quello più nel nostro immaginario: Gino Cervi, nella celebre serie TV degli Anni Sessanta. Si contano diverse serie britanniche (fu interpretato da Richard Harris, da Michael Gambon e di recente da Rowan Atkinson che ha offerto un Maigret diverso dal modello letterario), il Maigret di Bruno Cremer, protagonista della serie francese, che ha più le caratteristiche di un detective hard boiled, un Maigret di scarso successo interpretato da Sergio Castellitto e perfino un Maigret giapponese. Ma Gérard Depardieu sembrava nato per questo ruolo. Più appesantito e meno d’azione di un Gabin, più in là negli anni, e forse anche per questo più pervaso da quella malinconia che è anche la cifra stilistica del film e che accompagna non solo lui ma le figure che lo costellano, prima fra tutte la misteriosa giovane morta attorno a cui si svolge l'indagine e che dà il titolo al romanzo. Diverso dal Maigret forse troppo italiano del nostro Cervi, che ne evidenziava l’aspetto di chi coglieva i piccoli piaceri della vita. Il suo non è il Maigret che apprezza la buona cucina e una birra fresca, ma ha perso il gusto per le cose.

Grande estimatore di Simenon, Leconte ha portato lo scrittore sullo schermo nell’89 con L’insolito Caso di Mr Hire, ma non si era mai avvicinato a Maigret ed ora che porta a compimento un desiderio coltivato a lungo lo fa con un ritratto dolente e sommesso. Come sempre nei “gialli” di Simenon non è la trama a sorprendere, né il mistero investigativo ad avvincere: ciò che conta sono le atmosfere e le solitudini e le disperazioni raccontate, tra le quali un corpulento ed ingombrante Maigret si aggira con passo pesante raccogliendo qua e là frammenti di vite desolate, cercando di assemblarli per darvi una ragione, per sistemare ciò che non andrà mai veramente a posto.

Ma qui a non avere rilevanza non è solo la ricerca del colpevole, ma neppure la ricerca del movente. “La domanda che tormenta Maigret è chi sia questa giovane donna sola senza un nome, perché sia arrivata a morire lì, cosa poteva essere evitato. E’ attorno a lei che ruota il mistero, e al bisogno di conoscerla che diventa un’ossessione” racconta il regista nell’incontro con la Stampa.

Così Maigret entra a poco a poco a ispezionare la sua vita e ciò che colpisce, come le coltellate inferte al cadavere, è la solitudine infinita di questa ragazza che nessuno sembra conoscere, che passava inosservata con il suo dolore. 


Voto: 8

Gabriella Aguzzi