Sette Anime

09/01/2009

di Gabriele Muccino
con: Will Smith, Rosario Dawson, Barry Pepper, Woody Harrelson

Perché il protagonista di “Sette Anime” si presenta come un ispettore del fisco e pedina silenziosamente e con insistenza le persone che sembrano essere più infelici e bisognose di cure mediche? Perché sembra delinearsi in lui il piano di compiere qualcosa di straordinario per sette sconosciuti? Chi c’è nella sua lista? Cosa lo allontana dal suo passato di uomo di successo?
Gabriele Muccino ha avuto una svolta, l’incontro con l’America e con Will Smith ha dato una virata decisiva al suo percorso registico. Non più la radiografia di nevrotiche crisi sentimentali, legate alla nostra piccola realtà e con troppi stereotipi, ma un modo diverso e nuovo di parlare di sentimenti. Un tono favolistico, verrebbe da dire, pensando alla risalita dagli abissi che Will Smith compie per “La ricerca della felicità” o a questo suo ultimo personaggio che sembrerebbe, a prima vista, una sorta di Angelo. Ma – attenzione! – le sue sono favole nere e la brusca virata in tragedia di “Sette Anime” lo dimostra (il titolo americano “Seven Pounds”, con palese riferimento alla libbra di carne shakespeariana, è ancora più esplicito).
Il sodalizio con Will Smith e l’alchimia creatasi tra i due è determinante nella scelta di questa nuova via. Muccino sa conferire a Will Smith ulteriore intensità drammatica così come Will Smith illumina i film di Muccino con il suo carisma. E questo  personaggio in cerca di riscatto e redenzione completa la sua galleria di eroi. Non aggiungo altro per non sciupare una trama che si costruisce come un puzzle e la cui sceneggiatura è nata inizialmente come un giallo. Peccato che poi si sbilanci più convenzionalmente in una lunga storia d’amore che prende il sopravvento sul resto della storia. Certo la vicenda doveva approdare al punto in cui la ritrovata voglia di vivere avrebbe messo in crisi il piano del protagonista e al contempo avrebbe creato in lui una forte ragione per completarlo, ma il nostro sospetto è che, commercialmente, non si voleva sprecare la bellezza di Will Smith senza un’appropriata love story adatta al pubblico più sentimentale. Così si è anche scelto di allungare il finale premendo sulla lacrima facile. Per fortuna si riesce ad evitare una spiegazione troppo dialogata: anche se è in America, Muccino non è americano e si salva da queste trappole.

Voto: 6,5

Gabriella Aguzzi