Due Partite
05/03/2009
di Enzo Monteleone
con: Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Valeria Milillo, Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher
Dal Teatro al Cinema. Si è fatta film la commedia teatrale di Cristina Comencini che metteva in scena quattro amiche al tavolo da gioco in un pomeriggio degli Anni 60, a confronto con le loro frustrazioni e, nel secondo atto, le quattro figlie al funerale di una delle madri, come in un gioco di specchi, una proiezione di quelle donne di allora in un futuro che sembra migliore, ma in realtà si scontra con le fatiche di sempre: il rapporto coi mariti, l’essere madri, attraversare la vita senza arrendersi...
Questo gioco speculare era dato, soprattutto, dal fatto che ad interpretare le figlie erano le stesse attrici che interpretavano le madri ed era ironico riscontrare come tornassero tic e battute, o venissero capovolte, con il pubblico a conoscenza di alcuni segreti di quelle donne che invece le figlie ignoravano. Il principale cambiamento è qui dato dal fatto che le attrici raddoppiano e le figlie hanno volti diversi, poiché sarebbe stata una forzatura davanti al realismo cinematografico (“Ma ho sofferto tantissimo a rinunciare all’altra metà” confessa Isabella Ferrari). Per il resto la regia di Enzo Monteleone rispetta non solo i dialoghi ma l’impianto teatrale e, saggiamente, non concede esterni o flash back (con un solo stacco a metà film per il funerale, a segnare il passaggio temporale), e lascia che la cinepresa avvolga quelle donne che si raccontano attorno al tavolo girando tra i loro volti. La ricostruzione dell’arredo è minuziosa e perfetta, così come i vestiti sgargianti che le madri indossano, in contrasto con il nero che domina trent’anni dopo e la scelta di un’azzeccata colonna sonora, con tre brani di Mina, completa il tutto.
Sarà una rivincita per le figlie degli Anni 60, le bambine che mentre le madri giocavano a carte ritagliavano i vestiti della principessa Grace? Riusciranno ad essere più indipendenti e risolute delle loro madri arrese e sottomesse, già a loro volta lontane dalla piccola saggezza popolare delle nonne, oppure anche per loro è in agguato un perpetuo, seppur differente destino di inesorabile solitudine?
Gabriella (Margherita Buy) è una pianista che ha abbandonato la carriera per crescere una figlia, in passionale contrasto con il marito artista e sua figlia Sara (Carolina Crescentini) è una concertista di successo, il riscatto della madre, insofferente ad un marito troppo devoto “ma è sempre coi nervi tesi, è cinica, ha perso di vista il suo rapporto privato e ha simpatici attacchi di intolleranza”, come la definisce la stessa attrice. Claudia (Marina Massironi) è una madre a tutto tondo che “con il suo orgoglio di madre nasconde la grande sofferenza per le infedeltà del marito e la porta avanti con dignità” e Cecilia (Valeria Milillo) è ossessionata dal desiderio di maternità. Sofia (Paola Cortellesi) è quella che ha dentro più rabbia: non ama il marito, si è sposata solo perché incinta, sfoga le sue frustrazioni con una doppia vita di amante “è dura e aggressiva perché scontenta della condizione di madre e moglie in cui è relegata”, e Rossana (Claudia Pandolfi) è una donna indipendente che ha sfogato tutto, troppo, nel lavoro. E poi c’è Beatrice (Isabella Ferrari) che è la più tenera e ingenua, in apparenza solare, e sua figlia Giulia (Alba Rohrwacher) porta nel film la parte più dolorosa, il suo ricordo, la solitudine, il chiedersi perché.
Un ulteriore cambiamento rispetto al cast teatrale: Valeria Milillo interpreta un nuovo personaggio, passando il suo ruolo di madre alla Cortellesi quello di figlia a Claudia Pandolfi. “I ruoli di questa commedia sono tutti uno più bello dell’altro, così ho colto l’opportunità e mi sono rimessa completamente in gioco, con il piacere di interpretare un ruolo con il nuovo gruppo”, rivela l’attrice.
Premetto che non amo particolarmente i cosiddetti “film di donne”. Noi donne possiamo emozionarci benissimo davanti a film di guerra e di amicizie virili. Eppure per “Due Partite” faccio un’eccezione, così come l’avevo fatta per lo spettacolo teatrale, perché la finezza psicologica è tale da appassionare e richiedere un’identificazione (o un riconoscimento di persone conosciute) in una delle tante sfaccettature e le attrici assecondano la drammatica brillantezza del dialogo.
Voto: 7
Gabriella Aguzzi