Ponyo sulla Scogliera

23/03/2009

di Hayao Miyazaki
con: Animazione

Incantesimi, maghi e demoni dai poteri smisurati, cose che assumono un diverso sembiante davanti ad occhi profani o ad occhi incantati, mostri che invadono la scena sciogliendosi in un putrido e venefico liquame, l’amore che spezza ogni maleficio con la sua sola forza e riscopre l’antica bellezza delle cose, lo spirito che aleggia e pulsa in ogni forma vivente: questo è il magico mondo di Hayao Miyazaki. E’ grazie al suo genio creativo e poetico che i cartoni animati giapponesi, gli “anime”, fanno il decisivo salto di qualità conquistando definitivamente anche il pubblico occidentale (basti pensare alla grazia e alla lucentezza del bosco di “Principessa Mononoke” per capire che stiamo parlando di capolavori). Nei film di Miyazaki nulla è ciò che sembra essere e la metamorfosi dilaga, i personaggi hanno dei doppi o cambiano identità e il Bene e il Male non hanno contorni precisi.
Nulla di tutto ciò manca in “Ponyo sulla scogliera”, eppure per giudicarlo siamo costretti ad operare una precisa scissione tra grafica e narrazione. Se dunque da una parte un disegno solo in apparenza semplice e dai contorni infantili si dirama, grazie ad una fantasia irrefrenabile, in mille stupefacenti forme diverse e in un continuo, onirico, mutare (oggetti che prendono vita e animali che si umanizzano e il mare, grande protagonista, che avanza in minacciose sembianze come nella straordinaria scena dell’inseguimento delle onde sulle quali corre Ponyo; grezzi solo i volti umani,  i cui tratti somatici sono occidentalizzati secondo tradizione) e trionfa nella lucentezza dei colori e in contrasti cupi ed abbaglianti, dall’altra il tentativo di trasformare una favola per bambini in favola per adulti non riesce a fare centro. La storia di Ponyo, “che prima era un pesce” e in cerca di amicizia sceglie di diventare umana, potrebbe  considerarsi una versione giapponese della Sirenetta di Andersen, privata del suo retrogusto di malinconia e d’amore incompreso e impossibile e indirizzata ad un pubblico di bambini, se non fosse per aggrovigliati tentativi di complicarla in un discorso più astratto e dai bambini difficilmente recepibile, in cui, alla fin fine, è chiaro solo il messaggio ecologista. Ai bambini è affidato il compito di salvare il mondo con la il potente volere dell’innocenza e, come spesso accade nelle fiabe del Maestro dell’Animazione giapponese, lo Stregone malvagio è solo un uomo deluso che la sua smisurata e astiosa bramosia ha dannato e che finisce con l’arrendersi davanti al candore riscoprendo la sua antica anima.

Voto: 6,5

Gabriella Aguzzi