Gli Abbracci Spezzati
09/10/2009
di Pedro Almodovar
con: Penélope Cruz, Lluis Homar, Rubén Ochandiano, Blanca Portillo, Ángela Molina, Carlos Leal, Lola Dueñas, Kira Miró, Alejo Sauras, Carmen Machi.

Mateo scrive e dirige i suoi film. Lena è la sua musa. Amante del magnate Ernesto, e con un passato di prostituta, Lena si lascia travolgere dalla passione per il suo regista. Ma Ernesto non è disposto a perderla, e la fuga dei due verrà arrestata di colpo dal destino e dalla sfortuna.
Il cinema di Almodóvar è costellato da passioni fatali e da donne capaci di annullarsi per amore. Lena è solo l'ultima delle sue eroine. Ma se le sue eroine dei precedenti film erano superficialmente toccate dagli uomini e sempre in fuga dai sentimenti, qua invece ci sono sentimenti maturi per il salto che porterà le sue donne a divenire icone, come quelle del cinema del passato cui Almodovar sembra tendere ogni giorno di più
Una donna con un passato terribile e un futuro tragico, che vive il presente come fosse la sua unica speranza di felicità. Anni prima Ernesto l'aveva sottratta ad una vita difficile, semplicemente facendone la sua amante. Lei per anni ha ricambiato la sua passione come fosse un dovere, ma adesso vuole di più. Desidera lavorare, e sceglie la carriera di attrice. Quello che però desidera veramente, un amore vero capace di portarla via dalla sua vita ormai banale, le costerà molto più di quello a cui pensava di rinunciare amando un altro.
Mateo la ama appassionatamente, e sullo sfondo di un mare bellissimo le regala un'illusione di eternità Un'eternità conquistata solo a prezzo della vita. Mateo muore con lei nell'incidente che fermerà la loro fuga. Harry prende il suo posto, ma la sua vista, e con essa la sua carriera di regista, sono sparite con lei.
Almodóvar ha mostrato ormai da tempo la sua capacità di trascendere il cinema, semplicemente filmandolo dal di dentro. In questa nuova pellicola il cinema è il mezzo e il fine delle passioni di Lena e Mateo.
I due amano il cinema e la vita allo stesso modo. E la fuga che li vede protagonisti di una romantica possibilità di sfuggire alla banalità del quotidiano, li distruggerà paradossalmente immortalandoli per sempre in una manciata di foto, distrutte dall'odio. Mateo muore simbolicamente in quell'incidente in cui perde in un sol colpo l'amore e la capacità di vedere, base imprescindibile su cui si fonda il suo lavoro. Harry prende il suo posto, e l'amnesia di cui si finge portatore gli darà la possibilità di sopravvivere al tutto. Intanto il tempo passa e i nodi vengono lentamente al pettine: tutto quello che è stato seppellito nel passato è destinato a riemergere, e con esso l'amore che per anni Mateo ha affidato all'oblio di un mare mai realmente attraversato, quello del dolore e del vuoto.
Almodóvar confeziona il suo personale omaggio ai melodrammi del vecchio cinema che fu, e con la sua indiscussa maestria aggiorna senza nessuno sforzo temi e passioni ormai obsoleti. La citazione metafilmica impreziosisce il tutto regalando allo spettatore una complice occhiata sul mondo dietro la macchina da presa e sulle passioni che spesso animano chi crea un film.
Mateo è Almodóvar nella stessa misura in cui in Lena sono rappresentate tutte le sue eroine, donne travolte dalle passioni di cui non sanno fare a meno e sempre un po' "sull'orlo di una crisi di nervi".
Harry è solo il pallido riflesso di una vita vissuta intensamente e altrettanto velocemente distrutta dal desiderio di realizzare in un sol colpo un bel film e una grande storia d'amore.
Los Abrazos Rotos è un melodramma di impianto classico, con una regia impeccabile e attori semplicemente perfetti.
Penélope Cruz, interamente brava come le riesce solo con Almodovar, è la più convincente delle donne di questo doloroso omaggio a un cinema viscerale raccontato dall'interno. Mentre Mateo/Harry, un misurato Lluís Homar, è un caledoscopio di sentimenti soffocati e nel contempo espressi in maniera minimale, a volte con una sola piega della bocca, come solo i grandi del passato sapevano fare. Blanca Portillo è una sensazionale aiuto regista che nella realtà risulterà un pilastro imprescindibile per il povero Mateo. Mentre José Luis Gómez è il dolente Ernesto, catalizzatore del dramma e suo modo artefice di una catena imprevista di disgrazie.
La fotografia solare e leggermente velata richiama alla mente le storie del passato, in un omaggio/citazione di un cinema che viene evocato soltanto quando a filmare sono i grandi.
La colonna sonora e gli scenari coloratissimi fanno da cornice più che adatta a un racconto doloroso e inevitabile, come spesso solo la vita può essere.
E se è pur vero che i colorati e caotici film degli esordi hanno dato al regista la possibilità di esser notato per la sua originalità e per il suo estro, è sicuro che con gli ultimi film più maturi e completi dal punto di vista espressivo, Almodóvar si è definitivamente ritagliato un posto di rilievo tra i più grandi registi della sua generazione.
Voto: 7,5
Anna Maria Pelella

Se con “La Mala Educacion” Almodovar riscriveva se stesso traendo spunto da “La Legge del Desiderio”, così il “film nel film” che in “Gli Abbracci Spezzati” i protagonisti stanno girando, “Chicas y Maletas”, è una sorta di nuova versione di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” con la quale Almodovar si è divertito ad adattare se stesso (e a far tornare in piccoli cameo volti cari al suo Cinema). Ma “Chicas y Maletas” è la commedia che fa da contrappunto al dramma che i suoi interpreti stanno vivendo e così l’ultimo film di Almodovar vive di questi contrasti e di questa mescolanza di generi, dove è il melodramma a trionfare, passando dai sottotoni noir agli accenti struggenti del finale, sullo sfondo splendido e drammatico dell’isola di Lanzarote.
E vive di questa duplicazione, perennemente dentro e fuori la finzione, di segreti a lungo taciuti, di imitazioni della vita. Il protagonista muore con il suo amore spezzato e si reinventa un nome (Harry Caine, lo stesso che già usava come pseudonimo per le sue sceneggiature) e una vita. Il giovane Martel ricalca inutilmente il padre, detestandolo. E il Cinema è l’altra realtà in cui i protagonisti si muovono, a sua volta spiata dal making of che Martel jr gira per incarico del padre, rivelando nuovi segreti, una replica della finzione stessa. Sono le macchine fotografiche e le videocamere ad immortalare i momenti della vita, la felicità, il tradimento, la morte.
Trabocca d’amore per il Cinema “Gli abbracci spezzati”: vi si respira il melodramma di Douglas Sirk e si guarda con commozione “Viaggio in Italia” di Rossellini, c’è Penelope Cruz col volto di Audrey Hepburn in Sabrina, ci sono i soggetti per sceneggiature elencati a ruota libera come in “La Mala Educacion” come a gettare ipotesi per film futuri, c'è il doppiaggio (altro tema ossessivamente ricorrente) che dà doppia voce ad un abbandono, c’è un film che dev’essere compiuto anche nel buio della cecità. C’è il Cinema che Almodovar ha amato in ogni suo film e qui più che mai, che ha spesso parlato per lui e al quale si dichiara incondizionatamente.
E ci sono le passioni, brucianti, quella dei due amanti il cui abbraccio viene spezzato dal destino come le foto infinite volte frantumate, quella che arde di gelosia il vecchio Martel, quella che cova inconfessata per anni insieme al rimorso nel cuore di Judit Garcia (una straordinaria Blanca Portillo, l’Agustina di Volver). Se infatti il clima di mistero che va creandosi lascia presagire un maggiore risvolto noir come pure il gioco intrecciato di finzioni (altro tema che ricorre più che mai nella cinematografia almodovariana), annunciato dai mille volti di Penelope Cruz, prelude a più complessi sviluppi narrativi, è l’amour fou, che porta in sé il peso della tragedia, il vero fulcro della storia. Mentre si tenta di ricomporre dai frammenti sparsi delle foto un istante felice, le mani cieche che accarezzano sullo schermo l’immagine sgranata dell’ultimo bacio sono uno dei momenti più toccanti che Almodovar ci ha regalato. E ancora una volta suscita lacrime vere.
Voto: 7,5
Gabriella Aguzzi