Colpo di Fulmine

31/03/2010

di John Requa e Glenn Ficarra
con: Jim Carrey, Ewan McGregor

Sarà perché, “Truman show” e “Eternal sunshine” a parte, quando Jim Carrey interpreta ruoli e film  seri questi si rivelano dei flop al botteghino, il fatto gli è che la distribuzione italiana ha assegnato a “I love you Phillip Morris” un titolo di somma imbecillità - “Colpo di fulmine – il mago della truffa” - e ha costruito il suo lancio su un trailer che lo fa passare per un film comico e in cui il coprotagonista,  Ewan McGregor, non appare manco di sguincio. Morale della favola: se una famigliola va a vederselo, magari per Pasqua, aspettandosi una sorta di  Ace Ventura, ci resta di palta. Certo, anche lanciare la pellicola come “il primo ruolo gay di Jim Carrey” sarebbe abbastanza truffaldino, perché il film non è nemmeno un melodramma con bollenti scene di sesso, tutt'altro. Cos'è, dunque? Spregiativamente, potremmo dire “né carne né pesce”, criticamente diremo “una commedia”.
Dicasi infatti commedia un'opera che cerca il giusto mezzo tra il comico e il sublime e che, partendo da un soggetto potenzialmente tragico, opta per un tono narrativo leggero e  sceglie un lieto fine. Dunque I love you Pillip Morris è a pieno titolo una commedia. Aggiungiamo un aggettivo al sostantivo: romantica. Per il tono – Jim Carrey non tiene troppo a freno il suo istrionismo ma lo sa temperare con accenti di delicata passione – e per il soggetto. Poiché alla base delle mirabolanti truffe perpetrate dal protagonista, al secolo Steven Russell, annunciate dal titolo italiano, c'è il folle amore per il Phillip Morris del titolo originale. È di una totale, impossibile, quasi infantile passione amorosa, di un'ossessiva quest di felicità che si macchia il nostro eroe, che passa dal ruolo di integerrimo poliziotto a quello di truffatore da ergastolo. Domande che si affacciano alla mente uscendo dal cinema: ma è possibile che in America basta entrare in un'aula di tribunale dicendo “sono l'avvocato” per poter discutere la causa? E: non era forse meglio farne scopertamente un melò su un'ossessione amorosa anziché truccarlo da ennesimo “catch me if you can”?
A nostro umile giudizio le intenzioni sono anche valide, ma è la forma finale che lascia un po' perplessi. Torniamo all'iniziale “né carne né pesce”: una vera è commedia è frutto di equilibrio, non di indecisione. Qui sembra che gli autori non sappiano bene che pesci pigliare e che l'incubo del flop non abbia ossessionato solo i distributori italiani ma anche i produttori americani. Così nella prima parte si pigia il tasto dell'umorismo; poi, quando le cose stavano anche funzionando benino, si sono accorti che la storia era un'altra ed ecco che spuntano le dichiarazioni d'amore e il sottofinale strappalacrime. Nel mezzo, un po' di gag da manuale del grande truffatore (anche perché l'amore è una cosa meravigliosa, ma se lo fai nel lusso più sfrenato è anche meglio) e uno spot di film carcerario. Insomma, per accontentare tutti non si accontenta nessuno, e alla fine si ricordano solo gli attori protagonisti (Ewan McGregor è un vero amore!).
 Persino l'idea centrale alla base di tutto – 2 registi gay che girano la storia d'amore tra 2 gay, ma non realizzano un film gay con una storia d'amore gay: il problema infatti non è che i due amanti siano dello stesso sesso, ma che siano separati – è assolutamente apprezzabile e condivisibile, senonché anche qui l'indecisione di toni e la paura d'osare regnano sovrane (per carità niente baci sulla bocca o scatta il divieto!), mentre poi la gag più carina è proprio quella più sfacciatamente camp della nuvola a forma di pisello.
In conclusione, che dire? Senza infamia e senza lode. E tanti auguri a Steven Russell di riuscire a riabbracciare il suo Phillip Morris.

Voto: 6,5

Elena Aguzzi