Il Segreto dei suoi occhi
04/06/2010
di Juan José Campanella
con: Ricardo Darín, Soledad Villamil, Pablo Rago, Javier Godino, Guillermo Francella, José Luis Gioia, Carla Quevedo, Rudy Romano, Mario Alarcón, Alejandro Abelenda
Benjamín Esposito, in pensione dal suo impiego di pubblico ministero in Argentina, decide di scrivere un libro su un caso di omicidio irrisolto che, venticinque anni prima, lo coinvolse al punto tale da spingerlo a dedicare le ore libere per indagare sui fatti accaduti. La donna che occupava la posizione immediatamente superiore alla sua sulla scala gerarchica, Irene Menéndez Hastings, è il suo primo contatto, dopo gli anni passati a lavorare fuori città e la pensione. L'incontro tra i due porterà alla luce una serie di fatti mai emersi e di sentimenti mai dichiarati, i quali condurranno a una scoperta che scioglierà finalmente l'enigma.
Il segreto dei suoi occhi è in realtà celato nel cuore di tutti i protagonisti e a tratti si potrà forse intuire qualcosa dallo sguardo di ciascuno, ma la soluzione dell'enigma sarà rimandata di oltre venticinque anni e delegata alla tenacia di un solo uomo. Mentre egli indaga per suo conto, come anni prima aveva fatto senza riuscire ad affidare il colpevole alla giustizia in via definitiva, i sentimenti repressi allora, verranno lentamente a galla, e molti dei fili lasciati in sospeso troveranno il loro posto nella trama della storia.
Benjamìn e Irene furono costretti a sospendere le indagini e a soffocare l'indignazione insieme coi sentimenti personali, che erano emersi nel corso dell'indagine. Le cose non dette e soprattutto quelle seppellite lungo il percorso continueranno però la loro esistenza e il nuovo incontro tra i due chiuderà finalmente il cerchio.
Juan José Campanella confeziona un thriller dalle venature potentemente sentimentali, e costruisce un'atmosfera di pesante attesa intorno a un caso particolarmente raccapricciante di stupro e omicidio commesso nell'epoca più buia della dittatura in Argentina. La dittatura stessa fa da sfondo e da pretesto per alcuni passaggi tra i più duri della storia, ma non è mai interamente protagonista della scena. Il tutto è narrato su diversi piani temporali, intrecciati con una discreta maestria, che includono un quarto di secolo della storia argentina e le traversie dei singoli personaggi.
Il delitto irrisolto intorno cui ruotano tutti i protagonisti diviene il punto focale del riscatto da un passato mai dimenticato e tutt'ora straordinariamente vitale, con cui tutti si troveranno a fare i conti. La storia in sé non nasconde una particolare complessità, se non il segreto appunto, intessuto negli anni intorno a un delitto per cui fu arrestato un solo uomo, che venne poi rilasciato, ma di cui si persero misteriosamente le tracce subito dopo.
Un altro segreto svelato quasi subito è quello dei sentimenti mai dichiarati di tutti i protagonisti e, in particolare di Irene e Benjamìn, che dovettero interrompere la loro nascente amicizia a causa del serio rischio per la vita di lui, scatenato dal suo fervore per le indagini.
Il marito afflitto e la donna uccisa hanno uno spessore che risulta piuttosto sbiadito al confronto con la passione soffocata tra i due magistrati, ma nonostante ciò saranno soltanto loro i veri attori di un dramma scritto anni addietro la cui rappresentazione mai si è interrotta.
Ricardo Darín è un Benjamìn dolente e appassionato, ma la sua intensa performance non basta a destare nello spettatore la sua stessa passione per i fatti avvenuti nel passato. Troppe sono le occasioni perse di rendere vivo il contesto e le implicazioni sociali dell'esercizio di quello che finisce per essere un arbitrio che, nell'Argentina degli anni settanta, ci si immagina sia stata la norma piuttosto che l'eccezione.
L'intero cast si mantiene nei binari di un'onesta recitazione, mentre la fotografia e la costruzione scenografica risentono purtroppo dei passati trascorsi televisivi del regista.
Fatto salvo un ritoccatissimo piano sequenza iniziale, la regia non rivela nessun motivo sia pur blando, per comprendere il segreto pensiero dei giudici ai recenti Oscar, i quali hanno ritenuto di dover premiare un lavoro decisamente onesto, ma lontano anni luce dalla passione del suo più temibile concorrente Un Profeta di Audiard, o dall'algida perfezione stilistica di Il Nastro bianco.
Voto: 6
Anna Maria Pelella
Se “La recherche du temps perdu” fosse stata una storia investigativa, avremmo forse avuto “Il segreto dei suoi occhi”. L'ossessione, la ricerca di una vendetta – che in questo caso corrisponde alla ricerca di giustizia - , l'amore, i ricordi, i delitti, le passioni: tutti temi cari al noir, anche se il film dichiaratamente svicola dalla gabbia del film di genere per cercare altre cose – gli sguardi, le anime, i perché. Benjamin Esposito è ormai un anziano alla fine della non brillante carriera che cerca di capire il vuoto che ha in sé, il senso di fallimento, una ragione alla sua solitudine e prova a cimentarsi nel romanzo, rievocando quel caso irrisolto di 25 anni prima, che per lui è stato l'inizio e la fine di tutto. E Ricardo Morales: un piccolo uomo sperso nella folla della stazione, che scruta alla ricerca del brutale assassino della sua adorata moglie; Pablo Sandoval, il braccio destro di Esposito: lo sguardo luminoso e geniale sperso dietro le lenti degli occhiali e l'alcol del quale non riesce a fare a meno; persino il sospetto colpevole, Isidoro Gomez, che non riesce a staccare gli occhi dalla vittima, in quelle foto tanto piene di ossessione sessuale da risultare incriminanti.
In attesa di festeggiare il proprio bicentenario con la Coppa del Mondo, l'Argentina può celebrarlo con un Oscar quale miglior film in lingua non inglese. Meritato? Secondo la nostra collega, che basa il proprio giudizio considerando l'aspetto formale, piuttosto convenzionale, della pellicola, no. Per noi, maggiormente colpiti da quel senso di vuoto, di lettera mancante inserendo la quale puoi cambiare tutto il senso di una frase (come accade con quella vecchia macchina da scrivere olivetti, a cui manca la “a”), sì. Senza le pretese intellettualistiche europee, senza (appunto) voler cercare la novità formale ad ogni costo, il film si concentra sulla trama e sulle psicologie, su una discreta ricostruzione storica, sulla lievità del tocco (si ride, persino) per stemperare l'amarezza e la violenza di cui il film è intriso. Unica pecca: il finalino sereno che sa di appiccicaticcio. Ma, in fondo, il caparbio Esposito è alla ricerca di un finale per il suo romanzo, perché negargli che sia consolatorio?
Voto: 7,5
Elena Aguzzi