The End of the Tour

15/11/2015

di James Ponsoldt
con: Jesse Eisenberg, Jason Segel, Joan Cusack, Anna Chlumsky, Mamie Gummer, Ron Livingston

Tratto da Come diventare se stessi di David Lipsky edito in Italia da Minimum Fax

Nell’inverno del 1996 David Foster Wallace accettò di farsi accompagnare dallo scrittore David Lipsky nelle ultime tappe del tour di promozione del suo nuovo libro Infinite Jest. Da quell’esperienza Lipsky ricavò un’intervista molto esauriente, in cui si soffermò su una descrizione accurata del tempo trascorso con lo scrittore, il quale cominciava proprio in quel periodo a diventare famoso…

David Foster Wallace è stato uno scrittore particolare, un insegnante molto amato, un giornalista abbastanza famoso e un uomo assai fragile. Questo film racconta tutti gli aspetti di questo straordinario scrittore dall’ottica di un altro scrittore, che ebbe occasione di passare del tempo con lui durante il giro di promozione del libro Infinite Jest.
Il racconto che fa da sceneggiatura al film è quello scritto da Lipsky per la rivista Rolling Stones, la quale fu spinta dallo stesso Lipsky a interessarsi allo scrittore, che proprio allora cominciava a farsi notare molto più seriamente di quanto fosse accaduto con le sue precedenti pubblicazioni.

Il film si svolge come un classico road movie, con due uomini che parlano durante un viaggio e insieme fanno considerazioni anche piuttosto profonde sul significato della fama e sul desiderio di Wallace di mantenere una “sana normalità” nonostante il successo del suo ultimo libro.
La principale tematica affrontata dai due è appunto quella della normalità, concetto assai dibattuto da Wallace il quale rifiutava con fastidio tutto quel che lo classificava come una “mente brillante”, il motivo di tale rifiuto è a un certo punto sottinteso in uno dei passaggi più intensi in cui Wallace si apre a Lipsky, il quale ammette candidamente di desiderare la fama del collega, e gli spiega la sua visione secondo la quale tutto il suo successo sarebbe stato irreale e momentaneo e che alla fine il risveglio sarebbe stato brusco e doloroso, costringendolo a una vita successiva di inseguimento di quell’unico momento in cui aveva davvero creduto di essere “brillante”.
La buona interpretazione di  Jason Segel offre un ritratto molto calzante dello scrittore e di tutti i suoi tic, quasi elevati a tratti caratteristici di un personaggio da romanzo più che di un autore, mentre l’ambiguità di Jesse Eisenberg rende al meglio il doppio ruolo di Lipsky che, dapprima è solo uno scrittore che deve intervistare un collega che ritiene brillante e il cui successo in parte egli invidia, ma che successivamente viene preso dal dubbio che la persona dietro lo scrittore sia molto più fragile di quanto appaia e che questa caratteristica alla fine sarà l’unica cosa che lui ricorderà anni dopo averlo incontrato, alla notizia del suo suicidio.
Non c’è molto altro che si possa dire di un fim la cui principale caratteristica è quella di essere riuscito nel compito assai difficile di rendere avvincente il dialogo tra due scrittori. I due si fronteggiano in schermaglie e chiacchiere da studenti, mentre la semplicità di Wallace disarma progressivamente l’ambiguità di Lipsky nel suo ruolo di rivelatore di segreti, a cui sarà sempre più difficile mantenere un contegno che gli consenta di raccontare l’uomo senza tradirne la fiducia.

Alla fine del tour quello che viene da chiedersi, quindi, è se l’intervistatore non sia stato egli stesso cambiato dall’esperienza con l’intervistato, come anche lo spettatore che non dovesse conoscere i testi di Wallace sarà sicuramente tentato di dare almeno uno sguardo alle opere della “mente più brillante della sua generazione”.

Voto: 7

Anna Maria Pelella