Melancholia
20/01/2012
di Lars Von Trier
con: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling

Lars Von Trier torna sul grande schermo, dopo il contestato ma penetrante “Antichrist”, con una pellicola che potrebbe addirittura rientrare nel genere fantascientifico, una surreale e metaforica analisi della fine del mondo secondo il più misantropico dei registi, interpretata dallo sguardo di due donne, due sorelle, molto diverse fra loro, le due parti in conflitto della mente dell’autore. Justine, la palma d’oro al festival di Cannes Kirsten Dunst (tanto grande quanto glaciale), con il suo fresco abito da sposa e il neo-marito Mitchel prende parte al ricevimento organizzato in suo onore dalla sorella Clair (Charlotte Gainsbourg, già attrice di Von Trier proprio in Antichrist). Ci sono le premesse per una festa sfarzosa e vivace, ma la novella sposa inizia a manifestare un profondo e crescente disagio, un malessere che la invade sempre più nell’intimo, costringendola ad una condotta che scandalizza gli invitati e ferisce Clair. In realtà, ciò che Justine avverte coincide con un disegno ben più grande. Il pianeta Melancholia sta incrociando l’orbita terrestre, secondo gli esponenti del mondo scientifico non si scontrerà con la terra, ma i loro calcoli sono sbagliati, l’umanità e tutta la vita del nostro pianeta ha ormai le ore contate. Lirico e visivamente di grande impatto, l’ultima fatica del genio danese esplora l’ insanabile dicotomia fra la parte razionale e costruttiva dell’uomo, incarnata da Clair, che tenta di trovare un ordine nell’inconoscibile e uno scopo nell’indifferenza cosmica e la tentazione verso l’anarchia, il caos assoluto, la vera religione di Von Trier. Un Caos che risulta essere indissolubilmente legato all’essenza stessa della vita, che traversa qualsiasi creatura e ne è la componente ontologica primordiale. Justine è Caos, e l’avvicinarsi inesorabile di Melancholia amoreggia con lei, la rende ciò che è, rivela il suo disperato coraggio, il distacco da una esistenza che non riesce ad amare.
Non è un film destinato solo agli appassionati di Lars Von Trier, questa volta chiunque può godersi le atmosfere gelide e oniriche di uno spettacolare finale vissuto nella splendida follia dell’ultima scena, perché nulla, nessuna luce della ragione, può sfidare la volontà del Destino.
Danimarca 2011
130 min.
Lingue: Danese, Italiano, Inglese, Francese, Tedesco
Voto: 9
Carlo Baroni

Uno scenario apocalittico sui generis è il filo conduttore di Melancholia. Il film si pre con il preludio a Tristano e Isotta di Richard Wagner, delle immagini nitide ed impressionanti che ci presentano così le due sorelle protagoniste del film interpretate da Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg, sviluppata in due sezioni, la pellicola si propone di mostrare le due sorelle e il loro sfumare l’una nell’altra.
L’apertura successiva al preludio ci presenta il matrimonio della prima delle due sorelle analizzate, interpretata da K. Dunst, apparentemente la cerimonia normale via via si impesta di disagio esistenziale e pesante malessere, andando a mostrare i primi sintomi della malattia della sposa, una depressione che la porterà all’apatia nel corso del film. La malattia viene colta senza disperazione da ogni protagonista della cerimonia, nonché dalla donna stessa, la rassegnazione è la cifra nucleare di questo disastro interiore, contrapponendosi invece al disastro esteriore che incombe sul mondo: l’avvicinamento del pianeta Melancholia alla terra. Pare infatti che questo fenomeno sia accolto con ottimismo e senza alcun segno d’allarme dalla comunità scientifica, opposta invece la reazione delle due sorelle.
La sorella apparentemente più razionale, interpretata dalla Gainsbourg, sente l’allarmismo aumentare sempre più dentro di lei per il fenomeno incombente, nonostante le rassicurazioni del marito, il suo amore per la vita la spinge alla disperazione per l’attesa della fine, paradossalmente questa disperazione invece non denota più la sorella che, nel culmine della propria depressione, accetta con serenità e gioia l’avvento della possibile morte e gestisce la situazione con estrema lucidità, anche nei confronti del nipotino che si ritrova coinvolto nella vicenda. Questa arriva a stendersi sotto la luce del pianeta, in un rapporto di comunione con la natura in perfetta nudità e a denigrare la disperazione della sorella, considerandola insensata. Giustamente, la sua disperazione le permette di cogliere la morte, senza nulla perdere se non una vita che non è desiderata; i ruoli perciò si ribaltano, la razionalità di chi teme la morte si volge in follia, la follia di chi la accetta si tramuta in gioia per l’arrivo desiderato della fine del proprio mondo.
Il film si chiude con lo scenario apocalittico dello schianto di Melancholia, a dispetto di ogni previsione, con le due sorelle ed il bimbo che attendono il sopraggiungere della morte con due stati d’animo radicalmente opposti.
Voto: 7
Maria Paloschi