Elephants in Rooms

19/07/2024

Cosa accade quando la quotidianità si fa dottrina? Non vorremmo sembrare riduttivi tracciando un’apologia della banalità, sebbene Gob Squad abbia fatto della “Life Art” il proprio mantra, e sebbene questa sia una delle motivazioni che ha portato la Biennale Teatro a attribuire il Leone d’Argento 2024 al collettivo anglo-tedesco che con la sue performance è da trent’anni alla ricerca del bello nella vita di tutti i giorni.

Lo abbiamo visto con «Elephants in Rooms», ospitata nei suggestivi spazi del Padiglione 30 del Forte Marghera a Mestre, ideale punto d’intersezione dove, terminato il ponte della Libertà, la Venezia d’acqua incontra la Venezia di terra. Quale posto migliore infatti per ambientare un’installazione audiovisiva la cui cifra è l’osservazione del mondo esterno dalla finestra della propria stanza? E per apprezzare la poesia del quotidiano, per cogliere la sua essenza intima, una serie di video proietta a ritmo continuo, ripetutamente, le immagini di 14 diversi soggetti (per metà membri del collettivo, per l'altra metà ospiti cinesi e indiani che hanno accettato di farsi riprendere) costretti a vivere come elefanti intrappolati nelle loro case in piena pandemia (l’anno era il 2022).

La drammaturgia è la stessa per ciascun clip: una persona, uomo o donna (residente a New York, Berlino, Bangalore, Shenzen e altre località in Asia e in Europa), incarna una serie di bizzarri clichés melodrammatici, si agghinda per uscire infilandosi in testa quel che capita ma non esce mai, oppure esterna i propri umori, o malumori, interpretando stati d’animo e azioni a comando. Per far passare al meglio la giornata c’è chi suona uno strumento, chi declama versi col linguaggio dei segni, chi gioca a solitario con le carte, chi sceglie di rimanere in silenzio assorto nei propri pensieri e chi parla rivolgendosi allo smartphone che riprende la scena: come Berit Stumpf mentre, versandosene una tazza, ci racconta di come nella sua famiglia il tè venisse considerato la bevanda d’élite per eccellenza, o come Sharmistha Saha che ci intrattiene sulla situazione politica e sui rapporti interraziali in India.

Il sentimento più diffuso e comune a tutti sembra essere la noia (mal celata nel caso dei performer occidentali, i sette di Gob Squad; perfettamente in sintonia quando si tratta degli ospiti orientali), ma il momento clou, il più divertente verrebbe quasi da dire se non fosse che c’è poco da ridere, è quando a un certo punto scoppiano a piangere a comando. E per l’ennesima volta è istruttivo vedere come nei due universi, l’Occidente e l’Oriente, le persone reagiscono a un simile comando: nel primo caso sempre in modo forzato e innaturale. Nel secondo in maniera talvolta forzosa ma comunque composta, eccetto quando è Sharmistha Saha a dare spettacolo impersonando la scena dell’eroina che si strappa i capelli per la disperazione come in un Bollywood movie, martellandosi la fronte e il viso di pugni. È lei l’unica a imprimere una sferzata di vitalità alla monotonia routinaria a cui i video ci avevano fin qui abituati.

ELEPHANTS IN ROOMS: ideazione Gob Squad | sviluppo, video, performance, Zhao Chuan, Johanna Freiburg, Lynn Fu, Anuja Ghosalkar, Alice Hu, Sean Patten, Bhavana Rajendran, Sharmistha Saha, Sharon Smith, Berit Stumpf, Sarah Thom, Bastian Trost, Simon Will, July Yang | musica Jeff McGrory & Chris Umney | montaggio video Louise Stevens | progettazione dell’installazione Manuel Reinartz | drammaturgia Christina Runge | collaborazione artistica Amina Nouns | produzione Gob Squad – coproduzione HAU-Hebbel am Ufer (Berlin)


Severino Faccin