“Di precise parole si vive, di grande teatro” canta Ivano Fossati. Ed è attraverso le parole, come ci dice Lella Costa raccontando l’Otello di Shakespeare, che si consuma la tragedia del Moro di Venezia: Otello crede con semplicità ad ogni parola che pronuncia ed ascolta, Iago, “l’onesto Iago” come si autodefinisce, gioca e naviga nelle parole, ne fa un’arma, le usa abilmente ed astutamente per manipolare e conseguire i suoi malefici scopi. Otello rallenta i ritmi nel prendersi la scena, Iago la accelera, precede, anticipa, va veloce.
Il grande teatro è quello di Shakespeare, la cui tragedia è immortale e dolorosamente sempre attuale, tanto da sembrare, come ci sottolinea ancora Lella Costa in apertura allo spettacolo, un fatto di cronaca d’oggi. O ancora, come dichiara nelle note di presentazione “quando incontri una di queste storie perfette in genere te ne innamori, e soprattutto ti rendi conto che non avrebbe alcun senso provare a inventarne un’altra per dire le stesse cose, ma che è lecito, forse perfino doveroso, continuare a raccontare quella.”
Ma il grande teatro è anche quello che fa lei, sola sulla scena, un esilarante ed inarrestabile one woman show, un fuoco di fila di battute, calandosi in tutti i personaggi, perfino nel popolo veneziano che partecipa e commenta con irresistibile calata veneta, per raccontarci alla sua maniera il testo shakespeariano punteggiandolo di sottolineature tutte ironiche (“chi sarà mai questo signor Angelo nominato solo una volta ma che tutti ascoltano rispettosamente?”) ed esibendosi perfino in un numero rap parodiando “Soldi” di Mahmood.
Il connubio Lella Costa-Gabriele Vacis si rivela ancora una volta più che fertile, riprendendo e riaggiornando lo spettacolo portato in scena con successo 14 anni fa e riproponendolo al Teatro Carcano. Lella Costa è avvezza a raccontare i grandi classici: lo ha fatto con Traviata, con Amleto e lo ripete con Otello.. La forza dei testi di Lella Costa sta infatti nella matrice letteraria, che analizza, stravolge ed usa ad ironico pretesto per considerazioni graffianti, irresistibili e spesso anche dolorose. Così affabula parole e passa da un monologo all’altro con carica travolgente. Ancora una volta ne nasce uno scorrevole e divertente riassunto inframmezzato da commenti e riflessioni secondo il suo stile ben noto, per scivolare lentamente verso la tragedia di una Desdemona vittima innocente, silenziosa ed inerme.
A fare da scenografia dei teli bianchi che ondeggiano diventando di volta in volta vele di navi, vesti, talamo nuziale e contro cui l’attrice si staglia, bianca su bianco, per strapparle alla fine in un gesto disperato.
Grande energia per una grande performance.