A dieci anni dalla prima messa in scena (a seguito del processo di canonizzazione di Angela da Foligno nel 2013) il pathos e la drammaticità del «Primo canto per voce e tempesta» ci sono ancora tutti nella performance ripresa da SlowMachine domenica 7 aprile per la rassegna “Molecole” – curata da Farmacia Zooè presso la settecentesca Villa Morosini a Mirano (VE) –.
Appena entrati in sala, avvolti da una nuvola d’incenso veniamo subito catturati dalle note di un canto monodico che, complici i lumini accesi tutt’intorno, contribuisce a conferire sacralità all’ambiente. La pièce, brevissima (poco meno di 30 minuti), è pregna di contenuti. Sotto la guida attenta di Rajeev Badhan la lettura di Elena Strada, già ricca di sfumature, si fa via via più coinvolgente. Lo sdoppiamento delle voci e dei suoni realizzato con l’uso delle tecnologie, fa sì che le parole si rincorrano l’un l’altra accavallandosi a un ritmo incalzante, capace di evocare un senso di oppressione, di sofferenza fisica e morale portata allo stremo, per poi sfociare, inaspettatamente, in un placido mare di serenità. Rileggendo le memorie di Angela sarebbe equo annoverare «Primo canto per voce e tempesta» tra le infinite storie di crudeltà al femminile.
In modo concitato ma assai efficace, Elena Strada narra come la mistica francescana (vissuta a cavallo tra 1200 e 1300) nei frequenti periodi in cui viveva reclusa, era capace di prolungati momenti di estasi durante i quali entrava in comunione col divino. Una comunione sofferta – recita l’attrice,– fatta di carni lacerate, di violenza e di stigmate, di “amore che cola dai muri” e “amore che cola dalle labbra spaccate”, di maternità strappata dal grembo. Esperienze che Angela aveva vissuto o provato, o magari solo immaginato nella sua congiunzione col supremo, tanto da arrivare a confondere il bene con il male, il sacro col demoniaco, la gioia con la disperazione. “E dopo quei mesi – continua l’attrice – ancora la tempesta…” che assurge qui al ruolo di interlocutrice spirituale (citiamo dalle note), insistentemente invocata quale mezzo di purificazione.
Infine, lo scroscio della pioggia che tutto lava e tutto pulisce, portando via con sé le scorie, il sangue delle ferite, le tribolazioni, le insicurezze di una vita trascorsa a mortificare sé stessa nel corpo e nell’anima: sorta di atto catartico e liberatorio, preludio al raggiungimento della santità.
PRIMO CANTO PER VOCE E TEMPESTA: tratto da Causa di beatificazione di Massimo Sgorbani, con Elena Strada, regia di Rajeev Badhan, produzione SlowMachine