Non solo cinema: l’impegno per la sua città di Michele Riondino

11/08/2024

Premio Interprete del Presente 2024 allo ShorTS International Film Festival di Trieste, una prova iniziale al cinema del brillante attore tarantino è stata nel film Dieci inverni con Isabella Ragonese, una pellicola di grande impatto per la carriera di Michele Riondino. Forte di una ricca esperienza nella fiction televisiva, l’attore e ora anche regista pugliese ha affidato alla memoria storica - ma agìta nel presente - la sua militanza, dirigendo il concerto del Primo Maggio a Taranto, sua città natale. Ha girato il suo primo film e presto arriverà l’opera seconda.

(Intervista condotta al Teatro Miela da Maurizio di Rienzo, direttore del ShorTS di Trieste).

È tutto vero?

“Uno ci mette tutto nell'opera prima ma poi si vede veramente quando è in uscita il secondo film...”

Sei tarantino. Un ruolo che hai interpretato è ne Il passato è una terra straniera dal libro di Gianrico Carofiglio. Con Elio Germano hai lavorato spesso. Ci racconti la tua esperienza?

“Daniele Vicari (Il passato è una terra straniera, 2008, ndr) mi ha tirato fuori dal teatro facendo una scommessa... con questo sconosciuto. Era il 2008, il film è fantasmatico per la verità ed è onirico.”

Hai fatto il passaggio dall'Accademia d'arte drammatica alla fiction e al cinema. Perché ti interessa il cinema?

“Sono stato uno spettatore di cinema. A Taranto non si avevano molte possibilità di intercettare degli spettatori di cinema. Era l'epoca delle videocassette. Sono nato e cresciuto con alcuni film della tradizione italiana, da Germi a Petri a Scola, alla commedia all'italiana di Monicelli. Insomma film di registi con un bagaglio artistico e culturale importanti.”

Quest'anno i tre film che ricorderemo sono Io capitano, C'è ancora domani e Palazzina Laf, tre opere sulla contemporaneità. Parlaci di Palazzina Laf, la tua prima regia.

“Palazzina Laf è la storia di una palazzina dove furono confinati i quadri dell’azienda per non fare nulla. Sono arrivati ad essere settantanove alti quadri, impiegati qualificati, non c’erano operai. Non si erano mai schierati, non erano politicizzati, i classici crumiri. Per la loro forte adesione all’azienda sono stati puniti.”

Parliamo del tuo personaggio, Caterino Lamanna, un personaggio concreto che gioca a fare lo stupido.

“Caterino è un torrente in piena. Si fa plagiare dal boss, Elio Germano, un personaggio ambiguo e viscido. Meritatamente ha vinto il David di Donatello. Con Maurizio Braucci ce la siamo meritata la candidatura per la Miglior sceneggiatura originale. È stato un lavoro lungo di ricerca e indagine. Ho avuto un esposto per le vertenza tarantina, dei rimproveri e non mi sono state dette cose carine: tipo di non conoscere la storia nel mondo della fabbrica. Per uno strano caso nasco da una famiglia di operai; non conosco la fabbrica dall'interno. Conosco il mondo operaio ma non conosco il lavoro che ha fatto mio padre. Del lavoro delle fabbriche so solo quando esce un problema”

Che tempi di preparazione ha avuto il film?

“Sette anni. Ho letto le carte processuali, le testimonianze degli operai, le carte degli avvocati. Palomar e altri lo hanno prodotto con Rai Cinema.”

Parliamo del tuo esordio: due volte con Martone in Noi credevamo e Il giovane favoloso, in cui sei Antonio Ranieri che porta Leopardi a Torre del Greco. Hai lavorato con Bellocchio ne La bella addormentata e con i fratelli Taviani ne Il meraviglioso Boccaccio. Come hai lavorato con questi registi e che tipo di esperienze hai vissuto?

“Con Bellocchio credo di averla vissuta come dovevo: catapultato sul set di un maestro. Ho subito subìto il fascino di Marco. Era come una gita e mi sono messo nella mani di Bellocchio dicendogli “Fai di me ciò che vuoi”. Io, Alba (Rohrwacher, ndr) e Marco (Bellocchio. Ndr) ci siamo ritrovati a parlare di cose "scabrose". Abbiamo avuto una relazione particolare, ci siamo confrontati sul mondo cattolico. Ricordo con piacere queste giornate con Marco e Alba. Lui mi disse di fare il mattarello e di dimenticare il papa. Passo a Martone: stavo facendo uno spettacolo con Fabrizio Ferracane, era nostra anche la regia. Abbiamo debuttato e ho avuto il coraggio di dire a Mario che dovevo esserci anche io ma ero con la Compagnia. Mi disse di non abbandonare... evviva la lucidità di dirlo a Mario! Siamo andati in scena con questo spettacolo non famoso al nuovo di Napoli ai Quartieri Spagnoli. Mario mi ha detto: “Ti aspetto”. Questa cosa non l’avrebbe fatta nessuno. Lo ha fatto per il Teatro. I Taviani sono divertenti. Non immaginavo di fare il cinema in quel modo. Si dividevano la scena: Paolo era al monitor, Vittorio no. Uno stava con te e l'altro amava stare dietro al monitor. L’alchimia con Valerio Mieli è vera nei Dieci inverni: una storia di anni e di incontri di due ragazzi con varie tematiche.”

Che valore ha l’amicizia?

“Per me ne ha tantissimo. Questa è l’occasione per parlare dell'amicizia con Isabella Ragonese. . È una amicizia nata dopo aver lavorato assieme, non ci rendevano conto prima. Ho fatto teatro con Emma Dante, siamo molto amici. Un film che mi viene ricordato più di altri è Acciaio. Con il compianto Franco Onorato, direttore della fotografia, è nata una bella amicizia. Ha lavorato molto con Matteo Garrone”.

Il giovane favoloso: cosa è stato per te?

“Film su una persona, su un uomo che si voleva liberare dalle catene. Ci ha lasciato anche Paolo Graziosi che interpretava Carlo Antici

Parlaci dei tuoi colleghi…

“Isabella Ragonese, ho molta stima. Non ci frequentiamo tanto ma ho ammirazione verso Elio. Ho la possibilità di lavorare con lui ed è un modo per fare meglio io. Stare davanti a uno bravo ti fa essere più bravo anche te, è un’occasione in più. Avevo timore di doverlo dirigere ma è intelligente e mi disse: “Se mi dirigi io sono libero di essere”. Al bar per organizzare la prima scena si è deciso tutto. Io non volevo fare Caterino, volevo fare il suo personaggio (la storia di Otello e Iago). Elio mi ha invitato a ripensarci.”

Palazzina Laf è la storia di settantanove lavoratori rinchiusi... 

“Quello che vive la città di Taranto con 4500 cassa integrati: il lavoro è usato come arma di ricatto occupazionale. Molti si aspettavano un film sulle questioni ambientali; invece volevo restituire la complessità del lavoro. Ho scelto un grande cast: Vanessa Scalera, Paolo Pierobon (papa Pio IX in Rapito di Bellocchio)”.

Hai recitato anche in Marpiccolo di Alessandro Di Robilant. Ce ne parli?

“E’ un film su Taranto, una storia inventata, di periferia. Io sono del quartiere Paolo VI. Il film invece è stato girato a San Donato. Era un momento assurdo per me in cui lavoravo bene”.

Hai preso il Nastro d’argento per grandi serie, tra tutte per I leoni di Sicilia in cui sei Vincenzo Florio.

“Vinicio Marchioni è mio padre nel film. È una serie di Paolo Genovese anti-clan e rivoluzionaria. Parla del sud dei latifondisti gattopardescamente inteso.

Se fosse stato come sperava Vincenzo Florio, la storia non sarebbe stata così.

Seduttore suo malgrado, misogino ciò che serve per farne il villano di un'Italia al contrario. Florio è un personaggio discutibile perché nasce come strozzino. È un viaggiatore, nato in Gran Bretagna dove ha visto la rivoluzione industriale e poi torna in Sicilia e inventa la flotta postale; è una banderuola che pensa al benessere proprio all'interno di un contesto. Avremmo avuto un'Italia capovolta se avesse vinto lui, un'altra Italia. Avremmo avuto una Sicilia che avrebbe trainato l’Italia”.

In quale set sei diretto in questo momento? 

“Un film vicino a Tarvisio. Sarò lì dal 19 al 30 agosto. E poi segue il premio Flaiano e il Premio Cipputi”.

Michele, sei attento alle tue radici...

"Palazzina Laf è dedicato a Taranto e richiama un fatto storico di trent'anni fa, l’altra faccia del mondo del lavoro".

Domenica riceverai il premio Flaiano a Pescara anche come Miglior interpretazione maschile oltre che per la sceneggiatura. Dopo?

“Vengo premiato... sulla fiducia. Un'opera prima è il metodo più efficace per spiegare qualcosa da attivista e il mezzo cinematografico mi è stato di aiuto per spiegare il ricatto del problema tarantino. Poi tornerò in Friuli sul set a Tarvisio”. 

 

Michela Manente