Il caleidoscopico Trieste Film Festival chiude la 34° edizione
02/02/2023

A Trieste, sul clima della possibile caduta del Muro di Berlino, si decise di organizzare un festival della cinematografia dell’est Europa e dell’area balcanica. Lo spirito che ne è emerso è un po’ klezmer, un po’ yiddish e un po’ turbofolk con un occhio rivolto ai dilemmi di quelle terre martoriate dalla storia, ora solcate dei migranti in fuga in Europa e colpite dalla guerra. È nato così il più importante appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa sud-orientale, quest’anno organizzato dal 21 al 28 gennaio. La macroscopica area si offre quale autentica fucina di talenti che ogni anno produce film audaci, diversi, spesso fuori dagli schemi, antiglobalisti, imperfetti forse ma pieni di vitalità, di coraggio, di humour. In altre parole nelle giornata del TFF nella mitteleuropea Trieste si può vedere, al Politeama Rossetti, al Teatro Miela e nella sala Ambasciatori, un cinema multiforme in costante dialogo con la realtà, capace di analizzarla e trasfigurarla, rendendola universale.
Il Premio Trieste, assegnato al miglior lungometraggio in concorso, va a Sonne di Kurdwin Ayub (Austria, 2022) con la seguente motivazione: “Per averci trascinati con energia travolgente in un vortice sospeso tra il rispetto per le tradizioni e il desiderio di modernità. Per aver interrogato, più che suggerito risposte, per aver schivato il giudizio, privilegiando la comprensione. Per aver indagato senza dogmi, e usando la lingua del presente, le questioni ancora irrisolte delle radici, della religione e dell'identità delle nuove generazioni figlie dei flussi migratori, attraverso lo sguardo di tre giovani donne in cerca del loro posto nel mondo”. La giuria ha inoltre attribuito due menzioni speciali: a Safe Place di Juraj Lerotić (Croazia, 2022) “Per aver condiviso con noi un viaggio emotivamente intenso, visivamente stupefacente e profondamente personale che ci mette di fronte alla morte, la più grande delle paure umane” e a Black Stone di Spiros Jacovides (Grecia, 2022) “Per il film in cui il regista esordiente accumula infinite situazioni comiche e gag utilizzando un umorismo assurdo, in stile mockumentary, rafforzato da un'intensa interpretazione centrale, con l'aggiunta finale di un colpo di scena inaspettato e commovente che ci porta ad una storia universale di amore e accettazione” (quest’ultimo film si è aggiudicato anche il premio del pubblico come Miglior Lungometraggio).
Il Premio Alpe Adria al miglior documentario in concorso è andato a Scenes with my father di Biserka Šuran (Olanda, 2022) con la seguente motivazione: “Un padre e una figlia, nati in due sistemi politici diversi, che hanno affrontato stando in silenzio. Ora è il momento di sfogarsi e lasciare andare tutto fuori. Una vecchia fabbrica vuota si trasforma nel palcoscenico di una storia che ci fa viaggiare da est a ovest sia geograficamente che mentalmente”. La giuria ha inoltre assegnato una menzione speciale a Fragile Memory di Ihor Ivan’ko (Ucraina-Slovacchia, 2022) con la seguente motivazione: “Il tentativo di registrare i ricordi del nonno, il famoso direttore della fotografia Leonid Burlaka, prima che scompaiano, è accompagnato da una sincera tristezza quando viene mostrata la battaglia del nonno contro la demenza, mentre la parte più preziosa di questo documentario d’esordio è rappresentata dai vecchi negativi fotografici, il cui stato di deterioramento riflette la natura sfuggente della memoria”. Il Premio TSFF Shorts offerto dalla Fondazione Osiride Brovedani è stato assegnato a Plima di Eva Vidan (Croazia, Stati Uniti, 2022) con la seguente motivazione: “Delicatissimo racconto con gli occhi infantili di una società premoderna, femminile, dove le donne, di generazione in generazione, presiedono al focolare domestico; dove l'acqua marina, in un antico borgo mediterraneo, assume un ruolo purificatore, taumaturgico. Il film tocca un momento fondamentale della nostra vita, la presa di coscienza infantile della transitorietà della vita, che in questo caso è anche consapevolezza della fine di un mondo, invaso dal chiasso e dalla grettezza della modernità”.
La giuria ha inoltre assegnato due menzioni speciali a: Where no ships go di Vlad Buzăianu (Romania, 2022) con la motivazione: “Prima che la dura realtà si imponga e si debba crescere con i protagonisti, il film ci permette di intraprendere un viaggio in mare avventuroso e fantasioso, attraverso tempeste fragorose, una splendida luce e superando tutte le onde” e a Sheets di Evi Gjoni (Albania, 2022), che si è aggiudicato anche il premio del pubblico “per il racconto di una famiglia unita nella paura di malattie sconosciute, di estranei, di uno Stato che controlla tutto e tutti - fino a quando una telefonata rivela un segreto che non sarebbe mai dovuto emergere. La nostra seconda Menzione Speciale va ad una parabola distopica e neo-totalitarista, che esplora, in modo kafkiano, il limbo umano tra l’essere seguace e la volontà di sopravvivere - fino al punto in cui l’equilibrio tra la pressione al conformarsi e il doppiopesismo inizia a vacillare”.

I film dei tre concorsi sono stati “giudicati” anche dal pubblico e con il loro voto hanno decretato i vincitori dei Premi del Pubblico: Miglior Documentario The hamlet syndrome di Elwira Niewiera e Piotr Rosołowski (Polonia, Germania, 2022), premiato anche con il premio Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa “perché ci offre una riflessione profonda sul tema della scelta di come conciliare la prospettiva individuale e quella collettiva quando ad essere minacciata è l’esistenza di entrambe. Perché indaga il dilemma di come difendere il tuo paese possa diventare necessario per difendere la tua libertà di scegliere. Perché mette al centro l’arte come strumento di denuncia ma anche come esperienza di superamento del trauma e luogo di incontro tra identità diverse. Perché mentre ci offre un ritratto potente di una generazione appena passata attraverso l’orrore della guerra, tanto più tragicamente ci avvicina a ciò che sta vivendo oggi”; Miglior Cortometraggio ex aequo a Not tomorrow di Amerissa Basta (Grecia, Francia, 2022), vincitore anche del Premio Giuria PAG – Progetto Area Giovani del Comune di Trieste, e a Sheets. Il Premio CEI (Central European Initiative) al film che meglio interpreta la realtà contemporanea e il dialogo tra le culture va a Love is not an orange di Otilia Babara (Belgio, Paesi Bassi, Moldavia, Francia, 2022) con la motivazione: “Le arance, i cioccolatini, jeans e bambole di plastica arrivarono in Moldavia grazie a tutte quelle donne che, all'inizio degli anni ’90, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, lasciarono il Paese per venire a lavorare in Italia e all'estero. In cambio i figli inviavano loro videolettere. La regista raccoglie con cura e delicatezza materiali privati e intimi restituendo il ritratto di una generazione di madri e figli costretta all'amore a distanza. E nel farlo restituisce anche il ritratto di un paese post-sovietico in cui furono proprio le donne involontariamente a effettuare la transizione dal comunismo al capitalismo”.
Il Premio Corso Salani al miglior film della sezione va a Il cerchio di Sophie Chiarello (Italia, 2022) “per il coraggio e la determinazione di un progetto cinematografico a lungo termine che sa mettere il suo sguardo all'altezza e al servizio dei giovanissimi protagonisti; e per la capacità di confrontarsi con gli imprevisti reinventando in corso d'opera la rotta, con mano felice”. Il Premio Eastern Star 2023 che riconosce una personalità del mondo del cinema che con il suo lavoro ha contribuito, proprio come il Trieste Film Festival, a gettare un ponte tra l’Europa dell’est e dell’ovest, va a Krzysztof Zanussi; un altro speciale Eastern Star Award non cinematografico va a Zdeneêk Zeman. Il Premio Cinema Warrior 2023 che riconosce l’ostinazione, il sacrificio e la follia di quei “guerrieri” – siano essi singoli, associazioni o festival – che lavorano (o meglio: combattono) dietro le quinte per il Cinema, va a Fuori orario. Il Premio Cineuropa al miglior lungometraggio in concorso va a Butterfly vision di Maksym Nakonechnyi (Croazia, Repubblica Ceca, Svezia, Ucraina, 2022), film d’esordio “per la sua forma, per una regia che prende in prestito dal cinema classico e da quello contemporaneo, moltiplica gli angoli di visione con camere tradizionali, droni, materiale televisivo, social media. Perché racconta la catarsi di una donna moderna, un'eroina della propria liberazione, in fuga dallo status di vittima. Una combattente traumatizzata dalla guerra che mette in discussione ciò che le sembrava ovvio. Una metafora, se vogliamo, dell'autodeterminazione del popolo ucraino. L’abbiamo scelto per la toccante modestia e lo stoicismo ostinato della recitazione di Rita Burkovska. Questo film osserva da una parte le contraddizioni sociali in Ucraina, e dall’altra studia i meccanismi di guerra utilizzati per distruggere gli avversari con la paura. Attraverso il conflitto nel Donbass - visitato anche da molti film russi in questi anni - questa coproduzione tra Ucraina, Repubblica Ceca, Croazia e Svezia getta una luce tristemente attuale sulla situazione che si è creata dopo l'invasione della Russia. Un giovane regista da tenere d’occhio, come si dice”.
Il Premio SNCCI al Miglior film della critica 2022 va a Gli orsi non esistono di Jafar Panahi (Iran, 2022), mentre il Miglior film della critica italiano 2022 va a Piccolo corpo della regista triestina Laura Samani (Italia, Francia, Slovenia, 2022) che a Trieste ha presentato il suo ultimo lavoro L’estate è finita - appunti su Furio, realizzato a partire dai filmini amatoriali conservati nell’archivio Memorie animate di una Regione, raccolta, digitalizzazione e riuso di film amatoriali del Friuli Venezia Giulia. Il Laser Film Award assegnato da una giuria internazionale va alla co-produzione croato-italiano-slovena Fiume o morte! di Igor Bezinović. L’HBO Europe Award va a A day, 365 hours, progetto turco/croato del regista Eylem Kaftan e produttore Zeynep Koeay (ZKF, Turchia e CAF, Turchia Croazia). L’edizione è stata chiusa dall’evento speciale Souvenir d’Italie di Giorgio Verdelli (I, 2022, 94’), documentario sulla figura artistica di Lelio Luttazzi, tra le più rappresentative del periodo 50/60 in cui musica, teatro, cinema e televisione parlavano un linguaggio comune. Verdelli ricostruisce la sua carriera, l’errore giudiziario che la interruppe nel 1970, lo charme e l’intelligenza con cui Luttazzi ha rinnovato musica e spettacolo in Italia. Il documentario, prodotto da Rai documentari e proiettato in anteprima alla Festa del cinema di Roma, con materiali di repertorio e interviste ad artisti italiani per ripercorre la carriera e la vita dell’artista dai mille volti, capace di svariare con grande scioltezza dalla musica alla recitazione, dal varietà televisivo alla composizione di musica per film, fino alla partecipazione come attore in un paio di film per Michelangelo Antonioni e Dino Risi, verrà trasmesso in prima serata su Rai 3.
Michela Manente