Addio Clarke, volto scientifico della fantascienza

L'unico modo di scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell'impossibile (A.C. Clarke)

Nato nel Somerset nel 1917, Arthur C. Clarke fu esperto radar per la RAF, dove sviluppò alcune idee sull'orbita geostazionaria (oggi chiamata fascia di Clarke in suo onore) e il suo utilizzo per le telecomunicazioni. Un inizio da scienziato (interesse che manterrà tutta la vita, diventando presidente della Società Interplanetaria Britannica) che spiega la sua passione per la fantascienza quando, negli anni '40, comincia a scrivere racconti di genere, diventando anche vicedirettore della rivista Science Abstracts. Dal 1956 si era trasferito a vivere a Colombo, Sri Lanka, dove è morto lo scorso 19 marzo.
Sebbene anche un asteroide porti il suo nome (4923 Clarke), è più noto come scrittore che come fisico e matematico. Il titolo che lo ha portato al successo internazionale è 2001: Odissea nello spazio, sviluppatosi attorno al precedente racconto The Sentinel, e cresciuto parallelamente alla sceneggiatura dell'omonimo, immortale film di Stanley Kubrick.
I suoi primi racconti e romanzi degli anni '50 e '60, in Italia tutti pubblicati dalla collana Urania di Mondadori, sono improntati a una spiccata verosimiglianza scientifica e a una narrazione scorrevole che tra le pieghe nasconde però interrogativi alti e situazioni psicologiche precise, non sacrificate al senso dell'avventura, ma anzi scaturigine delle angosce e delle situazioni pericolose che si sviluppano. Ma la svolta avviene appunto nel '68 con il suo capolavoro, che originerà una intera serie: 2010 Odissea due, 2061 Odissea tre e 3001 Odissea finale. A questa seria si aggiunge quella di Rama, che negli ultimi episodi lo vede collaborare con Gentry Lee, suo coautore preferito negli anni '90 e 2000 accanto a Stephen Baxter.

Squisito gentleman, Clarke non si è mai rifiutato ai suoi fans, nonostante l'esilio dorato, e ha continuato a scrivere fino alla fine dei suoi giorni.

Elena Aguzzi