Adieu, Alain
21/08/2024
Il web è letteralmente inondato da immagini di Alain Delon. Con lui scompare un’epoca. Delon era il simbolo stesso della bellezza, dolce e fragile nei film d’esordio, venata di malinconia e cinismo che si mescolavano all’ineguagliabile sex appeal in quelli del decennio successivo. Delon era un’icona di classe, di eleganza e di fascino. Con il suo sorriso luminoso e struggente, sempre, anche nei momenti più tragici, con il suo volto angelico che contrastava coi ruoli “dannati”, con lo sguardo profondo di quei magnetici occhi blu, era il sogno di ogni donna adolescente o matura, e il termine di paragone irraggiungibile di ogni uomo (“chi ti credi di essere, Alain Delon?” era la frase ricorrente).
A consacrarlo al Cinema fu Luchino Visconti con Rocco e i suoi fratelli (1960) e due anni dopo con Il Gattopardo. In Rocco e i suoi fratelli è il "fratello buono", l’innocenza spezzata contrapposta all’autodistruzione del fratello Simone (Renato Salvatori) che viene travolto in un vortice di corruzione e disperazione e che Rocco si ostina a cercare di salvare. Rocco è “un santo che perdona a tutti, ma non a tutti si deve perdonare” come chiosa alla fine il fratello Ciro. Nel film si fondono neorealismo e melodramma, è una tragedia greca su partitura dei racconti di Testori e lo sfondo di una Milano nebbiosa contro cui si spezza il sogno degli immigrati.
Completamente diverso è il ruolo affascinante di Tancredi Falconeri in Il Gattopardo. Tancredi e Angelica (Claudia Cardinale, mai stata così fulgida) sono il simbolo dello splendore giovinezza, una giovinezza però già contaminata dall’opportunismo nel declino di un mondo che sta per cambiare inesorabilmente. Il nipote prediletto del Principe di Salina è un altro ruolo che si staglia nella carriera di Delon, anche perché legato ad un capolavoro. E nello stesso anno avviene l’incontro con un altro grande regista italiano, Michelangelo Antonioni e Delon interpreta L’Eclisse a fianco di Monica Vitti.
Ma già nello stesso anno di Rocco e i suoi fratelli Delon si era rivelato al grande pubblico con Delitto in pieno sole di René Clement in cui era stato il primo dei volti cinematografici di Tom Ripley, il cinico protagonista dei romanzi di Patricia Highsmith. Tuttavia troppo bello per il ruolo, per interpretare l’invidia meschina del personaggio.
E qui siamo ad un altro grande capitolo della carriera cinematografica di Delon: il noir e il polar. Di tutti i numerosissimi film che lo hanno reso protagonista di questo genere i titoli più emblematici sono Frank Costello Faccia d’Angelo (molto più suggestivo il titolo francese Le Samourai) di Jean Pierre Melville in cui interpreta un killer silenzioso e solitario, La Piscina di Jacques Deray che lo vede a fianco di una splendida Romy Schneider, forse la coppia più bella che sia mai apparsa sugli schermi del cinema, e Borsalino, sempre di Deray, a fianco del “rivale” Jean Paul Belmondo, coppia di gangster di Marsiglia negli Anni Trenta.
Abbiamo citato tre titoli culto, ma l’elenco è infinito. Nominiamo ancora, in ordine sparso, Diabolicamente tua, di Duvivier, Crisantemi per un Delitto, ancora di Clément, Due sporche carogne, con Charles Bronson, Sole Rosso, con Toshiro Mifune, I Senza Nome e Notte sulla città, sempre di Melville, Il Clan dei Siciliani, L’Uomo di Saint Michel, L’uomo che uccideva a sangue freddo, L’Evaso, con Simone Signoret, Flic Story con Jean Louis Trintignant, Due contro la città, con Jean Gabin, che considerava il suo idolo.
Un’altra sua immagine è quella di protagonista di film d’avventura, quali Il Tulipano Nero e Zorro.
Ma il film che nuovamente lo consacra all’immaginario cinematografico in un ruolo indimenticabile è La Prima notte di quiete di Valerio Zurlini (1972). Il disincantato professore Daniele Dominici che si lascia trascinare dalla vita, cappotto di cammello sugli abiti trasandati, sigaretta pendula e vento d’inverno che gli scompiglia i capelli, attraversa una grigia Rimini fuori stagione e la desolazione del film dove tutti sono tristi e perduti, senza speranze e senza salvezza, e la morte è la prima notte di quiete, perché finalmente si dorme senza sogni. Cinico e sofferente è un film che taglia l’anima come il suo protagonista, che sorride senza felicità e si abbandona allo squallore che lo circonda.
Le sue ultime apparizioni non sono più al Cinema ma a Teatro. Ebbi la fortuna di vederlo, nel 2007, in I Ponti di Madison County. Aveva ormai superato i 70 anni, ma il sorriso, quel sorriso unico, era sempre quello.
Gabriella Aguzzi